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Franco Fanelli
Leggi i suoi articoliMilano. Per sapere com'è andata quella che forse è sinora la più ambiziosa edizione di Miart occorrerà attendere domenica sera, quando si cominceranno a smontare gli stand. Di sicuro la preview del 3 aprile sfoderava per i numerosi collezionisti italiani e stranieri invitati nella «giornata Vip» quanto di meglio possa attualmente offrire una fiera d'arte moderna e contemporanea in Italia.
In grande spolvero uno dei padroni di casa, Massimo De Carlo, con i giganteschi cuori di Rob Pruitt che parevano omaggi a uno dei genius loci milanesi, Gio Ponti; notevole la parata di opere su carta di Baselitz da Thaddaeus Ropac, in anteprima sulla mostra che durante la Biennale di Venezia il decano dei pittori tedeschi allestirà alle Gallerie dell'Accademia; Di Carlo padre e figlio, attorniati dai collezionisti, formavano una sorta di tableau vivant nello stand della Galleria dello Scudo, in una scenografia mossa dalle violente pennellate di Emilio Vedova.
E ancora: la Galleria Maggiore sfoggia i gioielli di famiglia, aprendo con un paesaggio di Morandi del '34 e proseguendo con una coppia di Magritte (uno dei quali, un non così frequente dipinto con cielo notturno e paesaggio diurno del 1958, appartenuto a Ernst Beyeler), un Miró anch'esso di alta genealogia, proveniente dalla galleria Pierre Matisse e, pare, caldeggiato al figlio dallo stesso Henri Matisse. C'è spazio anche per un Chia in giornata di grazia e per un assemblaggio «trompe l'oeil» di Arman, teiere in ceramica che parevano però acciaio, della serie «forse Subodh Gupta non ha inventato nulla». Cardi allinea una serie di collage in box di Volf Vostell, delicati e inquitenti acquerelli su ritagli fotografici. Gremito di apassionati lo stand di Continua, percorso sulle pareti esterne da un'opera di Loris Cecchini.
Il direttore di Miart Alessandro Rabottini non è fortunatamente un talebano dell'allestimento; in ogni caso il grande vano centrale di Poggiali, dominato da sculture di Eliseo Mattiacci, è da museo. Un altro grande stand è quello di Minini, che dedica una parete ai grandi disegni di Antonio Marras e cala due «chicche», altrettanti Enzo Mari a parete degli anni Sessanta (uno a 90mila, l'altro a 70mila euro). Molte le opere importanti per storia e quotazione (vedi il Severini abbinato a Cambellotti nello stand di Russo, oppure un Lawrence Carroll maliconico come Morandi ma anche lieve e ammiccante come uno Chardin, da Laura Trisorio).
Però la fiera non lesina ulteriori deliziose proposte come i piccoli «Amanti» di Melotti nel sempre imperdibile ed elegantissimo stand di Repetto Gallery, che ci svela anche una «gemella» di Maria Lai, Franca Sonnini, 85 anni, autrice di delicatissime sculture tessute come preziose ragnatele di un'Aracne, attualmente quotata, per questi piccoli lavori, intorno ai 5-7mila euro. Per gli intenditori, è pronto un disegno di Artaud da Cabinet, ma anche un'eccezioale nucleo di disegni di Carlo Scarpa da Gomiero. La serie di 28 polaroid scandite da piccoli acrilici astratti di un inesauribile Urs Lüthi (36mila euro) colma una parete dello stand monografico di Otto Gallery di Giuseppe Lufrano, dotato, prendano nota certi suoi colleghi con la puzza al naso, di didascalie finalmente esplicative, da fare invidia a un museo.
Per gli amanti del versante più intimista del messaggio minimal, è pronta invece da Norma Mangione una scultura in cartongesso e grafite di Anita Leisz, in dialogo con i gessi «antichi» e anch'essi pervasi di nervose memorie al lapis, di Francesco Barocco. Matteo Lampertico, infine, assai democraticamente, riserva una parte del suo stand alle «piccole grandi occasioni». Un angoletto dove si può prendere confidenza con alcuni minimi arazzi di Boetti e un Fontana «tascabile» ma irresistibilmente «goloso». Un'occasione, ma a 150mila euro.

Scorcio dell'installazione nello stand a Miart di Massimo De Carlo. Foto di Roberto Marossi. Cortesia: Massimo De Carlo, Milan/London/Hong Kong
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