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Nella Firenze del secondo Ottocento, dove in un momento di grande fermento culturale vide la luce e si sviluppò il movimento pittorico dei Macchiaioli, quei giovani artisti rivoltosi, che si proponevano di creare un nuovo e «moderno» linguaggio pittorico, erano soliti ritrovarsi al Caffè Michelangiolo, vero laboratorio di cultura e di scambio d’idee.
Sbrigativamente liquidati dagli artisti accademici con l’epiteto di «macchiaioli», spregiativo nelle intenzioni di quelli e invece adottato da loro con orgoglio, quei giovani e il loro caffè prediletto sono al centro della mostra «I Macchiaioli. Una rivoluzione d’arte al Caffè Michelangelo» (catalogo Skira), allestita nelle Scuderie del Castello Visconteo dal 19 settembre al 20 dicembre e curata da Simona Bartolena e Susanna Zatti, direttore dei Musei Civici di Pavia.
La rassegna ripercorre l’evoluzione di questo movimento attraverso oltre 70 opere dei suoi protagonisti, di musei e importanti collezioni private, da Giovanni Fattori a Telemaco Signorini, Silvestro Lega, Giuseppe Abbati, Odoardo Borrani, Vincenzo Cabianca, Adriano Cecioni, Vito d’Ancona, Raffaello Sernesi e altri. Il percorso prosegue con tre esponenti di primo piano delle generazioni successive, che continuarono a frequentare il Caffè Michelangiolo come Giuseppe De Nittis, Federico Zandomeneghi e Giovanni Boldini, tutti attivi in seguito, e con grande successo, nella Parigi dell’ultimo Ottocento, ma tutti formati nel grembo della «pittura di macchia».
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