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Qui lavorava Leonardo

Luana De Micco

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Nel Castello di Clos-Lucé l’atelier utilizzato dal 1516 al 1519 

Nel Castello di Clos-Lucé, dove Leonardo giunse nell’ottobre 1516 e dove morì tre anni dopo, è stato restaurato l’atelier del pittore: «Per noi era diventata un’ossessione restituire la dimora di Leonardo così come lui l’ha conosciuta», ha spiegato François Saint-Bris, presidente di Clos-Lucé (360mila visitatori nel 2015).

Dal 1954, da quando cioè il castello è stato aperto al pubblico, la famiglia Saint-Bris cui appartiene dal 1854 non ha mai smesso di restaurarlo: prima le facciate e la cappella con gli affreschi attribuiti agli allievi di Leonardo, quindi il parco, dove sono state ricostruite una trentina di «macchine» leonardiane. Ora, con la restituzione dell’atelier del maestro, i lavori si possono considerare conclusi. «Il castello è stato più volte rimaneggiato nel XIX secolo.

Per gli atelier, si trattava allora di sbarazzarsi degli elementi ottocenteschi e di restituirli nel modo più fedele possibile», ha aggiunto Saint-Bris. Ci sono voluti due anni di ricerche e 18 mesi di lavoro, affidati all’architetto del patrimonio Arnauld de Saint Jouin, per «ritrovare l’atmosfera dell’epoca». Sono serviti come testi di riferimento il diario di Antonio de Beatis, che racconta la visita del cardinale Luigi d’Aragona al Castello di Clos-Lucé il 10 ottobre 1517 (esposto nella mostra «Dal Clos Lucé al Louvre: i tre capolavori di Leonardo da Vinci», cfr. box a fianco) e il «Trattato della Pittura» dello stesso Leonardo. Sono stati rimossi i controsoffitti, i rivestimenti e i decori aggiunti nell’Ottocento per ritrovare le pareti di pietra, le travi e anche alcune pitture murali a decoro floreale d’epoca rinascimentale. Il camino gotico è stato restaurato.

La bottega di Leonardo, circa 90 metri quadrati, è composta da tre spazi. Nella prima sala, «L’atelier du peintre, du sculpteur e des dessins», sono allestiti diversi schizzi di progetti a cui il genio fiorentino lavorò negli anni «francesi». Sono anche esposte su cavalletti le copie della «Sant’Anna» (il Musée de Chambéry ne ha prestato una del 1855) e del «San Giovanni». Si entra quindi nella biblioteca e cabinet scientifico, con una cinquantina di volumi, da Aristotele a Tolomeo, e diverse curiosités, mappamondi, astrolabi, vari strumenti. Infine c’è lo studiolo, dove si «assiste» allo storico incontro tra il maestro e il cardinale d’Aragona grazie alla tecnologia del «teatro ottico» che proietta le figure dei protagonisti.

Luana De Micco, 07 settembre 2016 | © Riproduzione riservata

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