Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Ane Hjort Guttu, «Manifesto», 2021

Photo: Patrick Säfström

Image

Ane Hjort Guttu, «Manifesto», 2021

Photo: Patrick Säfström

La quotidianità è uno spazio di resistenza

Al Capc di Bordeaux una collettiva riunisce oltre 30 artisti internazionali «che immaginano altre forme di produzione a partire da ciò che abbiamo sotto i nostri occhi»

Come reinventare la nostra vita quotidiana a partire da gesti semplici e dagli oggetti più ordinari? A questa domanda tenta di rispondere la collettiva «L’invenzione del quotidiano», presentata dal 4 luglio al 4 gennaio 2026 nella suggestiva nef del Capc-Musée d’art contemporain di Bordeaux. «La necessità di affrontare le crisi ecologica, economica e istituzionale degli ultimi anni ha fatto sì che molti artisti condividano l’urgenza di proporre alternative ai sistemi di vita e di lavoro non sostenibili, e spesso estenuanti, ai quali a volte siamo tentati di rassegnarci e che troncano il nostro immaginario. Ma, mentre molte pratiche contemporanee si interessano alla finzione, o alla fantascienza, come strumento per speculare sul futuro, ci sono anche artisti che immaginano altre forme di produzione a partire da ciò che abbiamo sotto i nostri occhi», spiega in una nota Sandra Patron, che ha curato la mostra in collaborazione con Marie-Inès Tirard. La mostra trae ispirazione dal celebre saggio omonimo di Michel de Certeau che, nel 1980, scrisse: «La Ragione tecnologica pensa di sapere come organizzare al meglio le cose e le persone, assegnando a ciascuno un posto, un ruolo e dei prodotti da consumare. Ma la gente comune si sottrae silenziosamente a questa conformazione. Inventa la vita quotidiana attraverso le arti del fare, sottili stratagemmi, tattiche di resistenza con cui dirotta oggetti e codici, riappropriandosi dello spazio e dell’uso a modo suo». 

Il progetto parte dunque dal presupposto che la quotidianità non sia solo una routine, ma uno spazio di resistenza. Gli artisti internazionali qui presentati, più di 30, non creano a partire da grandi narrazioni speculative, ma «trovano ai margini e negli interstizi della nostra vita quotidiana nuovi modi di stare al mondo, spiega ancora la curatrice. Collettare, riciclare, trasformare, riparare, riutilizzare, piratare, collaborare, sono metodi di lavoro che generano e alimentano le loro opere. Combinando desiderio di autonomia e lucidità, gli artisti armeggiano con “modi di fare” per riappropriarsi di beni, strumenti e spazi che vengono imposti». 

Il Capc, fondato nel 1973 in un magazzino coloniale dell’800, nel cuore del quartiere dei Chartrons, conferma con questa mostra il suo approccio profondamente relazionale al fare arte. Molte delle opere allestite sono nuove produzioni. Ci sono lavori di: Cao Fei, artista cinese di fama mondiale (nata nel 1978), le cui installazioni e video, combinando elementi del mondo reale con immaginari digitali, mostrano gli effetti dirompenti del boom tecnologico e sociale sull’identità individuale e collettiva; Francis Alÿs (nato nel 1959), con le sue azioni performative realizzate a Città del Messico, dove vive e lavora; Wilfrid Almendra (nato nel 1972), che trasforma materiali industriali in paesaggi poetici; Shilpa Gupta (nata nel 1976), che lavora sul confine tra linguaggi, corpi e territori; e ancora Tenant of Culture, che decostruisce la moda fast fashion. Quattro le presenze italiane a Bordeaux: Ettore Sottsass (1917-2007), padre del design radicale, presente con opere che dialogano con la domesticità come spazio aperto alla riflessione e al desiderio; Marinella Senatore (nata nel 1977), nota per la sua pratica partecipativa, che combina ricerca estetica e impegno sociale, trasformando il pubblico in soggetto attivo del gesto artistico (suo è «Protest Bike Paris» del 2016); Enzo Mari (1932-2020), maestro del design etico e sostenibile, pioniere del «fare da sé»; e Adelita Husni-Bey (nata nel 1985), italo-libica basata a Milano, che allea pedagogia radicale e performatività, lavorando con comunità auto-organizzate, architetti, insegnanti, studenti, militanti, in una riflessione concreta sulle forme di coabitazione e costruzione sociale (è presentato il suo film del 2011, «Postcards from the Desert Island»). Tra gli altri artisti presenti: Jean-Luc Moulène, Anri Sala, Adelita Husni-Bey, Naama Tsabar, Daniel Otero Torres e Yuko Mohri

Shilpa Gutpa, «I want to live with no fear», 2019. Courtesy of the artist. Photo: NA

Jean Luc Moulène, «Parfum de solidarité», dalla serie «Objets de grève», 1999. © Adagp, Paris. Photo: DR

Luana De Micco, 02 luglio 2025 | © Riproduzione riservata

La quotidianità è uno spazio di resistenza | Luana De Micco

La quotidianità è uno spazio di resistenza | Luana De Micco