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Quando le aste sono sacrileghe

Luana De Micco

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Varie città. L’uniforme a righe di un prigioniero, un paio di zoccoli e spazzolini da denti appartenuti ai deportati di Auschwitz messi in vendita per qualche migliaia di euro su eBay. La notizia dell’asta shock di «souvenir» dell’Olocausto, rivelata a novembre dal tabloid britannico «Daily Mail», ha costretto la direzione del gigante di internet a scuse pubbliche e ufficiali. Mentre si sollevavano cori di proteste, eBay ha spiegato che la vendita era «sfuggita» ai loro controlli e ha ritirato la macabra mercanzia. Per «espiare» l’incresciosa negligenza ha anche devoluto simbolicamente 25mila sterline (circa 30mila euro) in beneficenza. Ci sono aste che scuotono l’opinione pubblica e sollevano interrogativi morali e proteste. Si ricorda che a maggio aveva fatto insorgere l’India l’annuncio che un paio di sandali del Mahatma Gandhi sarebbero stati messi all’incanto da Mullock’s il 21 maggio 2013 a Ludlow, in Inghilterra. Negli ultimi anni per Nuova Delhi riportare a casa gli effetti personali del padre dell’indipendenza indiana è diventata quasi una missione. Ecco perché lo scorso anno erano state acquistate dallo Stato alcune lettere che stavano per essere disperse da Sotheby’s. Quanto ai sandali, si sa che sono stati aggiudicati a 19mila sterline a un anonimo acquirente.
Ad aprile l’Hôtel Drouot di Parigi ha dovuto ritirare la divisa di un prigioniero politico detenuto in un campo di concentramento nazista: lo shock in Francia è stato tale che la vendita, organizzata da Delorme & Collin du Bocage, è stata annullata. «Alcune vendite toccano l’animo delle persone, dell’intera opinione pubblica o di gruppi più ristretti. Vendere alcuni oggetti, come nel caso della divisa del prigioniero, è scandaloso e di cattivo gusto. Che ci siano reazioni è più che lecito. In questi casi, se non è la legge a intervenire è il senso morale», spiega il direttore d’asta Dominique Ribeyre della maison Baron Ribeyre & Associés. Maître Ribeyre ricorda di aver diretto nel 2010 la discussa vendita della corrispondenza amorosa di uno dei più noti criminali del secolo scorso, Jacques Mesrine. Più di 200 lettere «ben scritte, sensibili, persino romantiche, ha spiegato, che si scontravano con l’immagine spietata dell’uomo». Negli Stati Uniti gli scritti di Al Capone o di Bonnie e Clyde vanno a ruba. In Francia il dibattito fu molto acceso e alla fine le lettere di Mesrine non trovarono acquirente. Nel caso di vendite controverse è in genere il direttore d’asta a decidere se ritirare o meno il lotto che crea tensioni. Nelle loro condizioni di vendita, le case d’aste si riservano la libertà di ritirare dei lotti «per giusta causa».
Anche il gigante delle aste online eBay ha le sue regole in materia e vieta di vendere «oggetti illegali e che istigano a compiere attività illecite» o che «incitano all’intolleranza razziale». Il caso recente degli oggetti dell’Olocausto non è isolato. Già nel 2010 eBay aveva prontamente ritirato dall’asta il pulmino di Jack Kervorkian, più noto come «dottor Morte», il medico condannato per aver praticato illegalmente l’eutanasia a più di cento malati. Nel 2000 la Francia ha creato il Conseil des ventes volontaires, un’authority per la regolamentazione delle vendite pubbliche all’incanto, al quale si deve un dettagliato codice etico valido per tutte le maison francesi. La presidente Catherine Chadelat insiste sulla sua missione giuridica: «Un conto è la legalità, un conto è l’emozione». Quando nel marzo 2012 e nello scandalo generale l’Hôtel Salomon de Rothschild, a Parigi, ha messo in vendita gli strumenti di tortura del boia Fernand Meyssonnier, usati su centinaia di persone in Algeria negli anni Cinquanta, Catherine Chadelat raccomandò la sospensione della vendita: «La legge francese non vietava l’asta, ha spiegato, ma è evidente che poteva creare uno shock». Il venditore decise di seguire il parere.
Il carattere eccezionale di certe vendite fa sì che alcune aste siano più chiacchierate di altre, come nel caso di prestigiose bottiglie di vino vendute a prezzi astronomici (oltre 700mila euro per quelle dell’Eliseo) o di oggetti appartenuti a star scomparse (i guanti di Michael Jackson furono venduti a 100mila euro l’uno). Ma raramente finiscono in tribunale. È successo invece ad aprile per la vendita, alla maison Néret-Minet, Tessier & Sarrou di Parigi, di 70 maschere Hopi, cimeli centenari che nelle credenze della tribù amerindia portano lo spirito sacro degli antenati. Gli Hopi avevano fatto appello alla giustizia perché la vendita «sacrilega» fosse annullata e gli artefatti restituiti. Per la casa d’aste la loro richiesta era «infondata». Alla fine il tribunale ha dato ragione alla società e ha autorizzato la vendita: le maschere sono oggetti d’arte e non contengono reliquie umane, la cui vendita è invece vietata. Lo scorso maggio era finito davanti ai giudici americani anche il caso di uno scheletro di tirannosauro vissuto 70 milioni di anni fa e importato illegalmente in America. I resti erano stati sequestrati l’anno scorso a New York dove il reperto era stato battuto all’asta per oltre un milione di dollari. Il 6 maggio la giustizia Usa ha deciso di restituirlo alla Mongolia, il legittimo proprietario.
 
 



Luana De Micco, 23 febbraio 2015 | © Riproduzione riservata

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