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Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliRoma. Presso il Museo Napoleonico, fino al 31 maggio, una mostra illustra visioni e progetti che, tra realtà e utopia, dovevano trasformare Roma in seguito alla sua annessione all’impero francese: «Aspettando l’imperatore. Monumenti, archeologia e urbanistica nella Roma di Napoleone 1809-1814».
Il curatore, Marco Pupillo, ha selezionato 50 tra disegni, acqueforti, dipinti, progetti urbanistici e documenti politici, custoditi presso il Museo di Roma a Palazzo Braschi e lo stesso museo ospitante. Esiliato il papa Pio VII, priorità dell’amministrazione napoleonica fu quella di rendere Roma una capitale europea moderna, funzionale, laica.
Gli architetti Valadier, Stern, Camporese, i pittori Pinelli e Wicar, e le forze politicamente più avanzate di quella fervida stagione di rinascita, prestarono il loro ingegno per avviare quel processo, che sarà portato a compimento dopo l’unità d’Italia.
A principiare dagli stessi alti argini del Tevere, progettati, a difesa dalle devastanti inondazioni, con corrispondenti demolizioni di edifici, come poi avvenne a fine secolo. O nel progetto di una «passeggiata pubblica» per collegare con rampe la nuova iazza del Popolo al colle del Pincio, o, ancora, l’urbanizzazione della via Flaminia fino a Ponte Milvio.
Francesi furono pure i primi scavi archeologici moderni: la Colonna Traiana, il Tempio di Vespasiano al Foro Romano, i sotterranei del Colosseo. La datazione degli stessi scatenò una epica disputa tra studiosi, che Bartolomeo Pinelli immortalò in un’acquaforte satirica.
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