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L'ologramma del David di Michelangelo nel CarMi di Carrara. Foto di Michele Ambrogi

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L'ologramma del David di Michelangelo nel CarMi di Carrara. Foto di Michele Ambrogi

Michelangelo, Carrara e il marmo

Nella Villa Fabbricotti un nuovo museo esplora il rapporto del Buonarroti col territorio

Laura Lombardi

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Si inaugura il 2 giugno il CarMi, nome che unisce Museo Carrara e Michelangelo, presso l’ottocentesca villa Fabbricotti nel Parco della Padula, a seguito dell’intervento di recupero avviato nel 2011 e affidato dal Comune all’Associazione Culturale Metamorfosi, con la curatela di Emanuela Ferretti e Davide Turrini e l’allestimento di Giuliano Macchia.

Il ruolo centrale di Michelangelo attraverso i secoli è illustrato da un percorso su tre livelli: il piano nobile è dedicato al rapporto tra Michelangelo e il territorio, in particolare la città di Carrara in cui il maestro giunse la prima volta ventiduenne nel 1497, per lavorare alle cave di marmo.

Un rapporto, che cessò solo nel 1518 (quando papa Leone X gli impose di dare avvio alle nuove cave dell’Opera di Santa Maria del Fiore nel Capitanato di Pietrasanta), documentato attraverso testimonianze e prestiti dalla Provincia di Massa Carrara, dall’Accademia di Belle Arti di Carrara e dall’Archivio di Stato di Massa, con riproduzioni tra cui il «Mosè» in scala 1:1 e ologrammi come quello del «David».

A testimoniare la portata del pensiero e dell’opera michelangiolesca sono chiamate anche figure di artisti, critici e cineasti del Novecento come Giacomo Manzù, Carlo Ludovico Ragghianti, Luigi Moretti e Michelangelo Antonioni. E, tramite riproduzioni facsimile, altre di artisti quali Rothko e Jan Fabre, architetti quali Le Corbusier, Arata Isozaki e Robert Venturi.

L'ologramma del David di Michelangelo nel CarMi di Carrara. Foto di Michele Ambrogi

Laura Lombardi, 01 giugno 2018 | © Riproduzione riservata

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Michelangelo, Carrara e il marmo | Laura Lombardi

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