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Veronica Rodenigo
Leggi i suoi articoliLa piccola chiesa d’origine longobarda dedicata alla Santissima Trinità, altrimenti detta della Mattarella, sorge in posizione quasi defilata, nel comune trevigiano a pochi chilometri da Vittorio Veneto. Ampliata nel corso del Quattrocento, al suo interno cela, così come spesso accade per edifici di culto disseminati nel territorio, una pregevole decorazione pittorica ben poco conosciuta al di fuori dei confini locali. Sulla parete sinistra un’Ultima cena ascrivibile al Tardo Duecento o ai primi anni del Trecento; nella zona absidale il ciclo realizzato tra gli anni Novanta del Quattrocento e il 1503 per mano di Antonio Zago e bottega.
Ora l’intero apparato decorativo è nuovamente osservabile sotto una nuova luce in virtù di un complessivo intervento di pulitura, consolidamento e reintegrazione.
Dopo un primo lotto compiuto dalla ditta AR Arte e Restauro di Padova che, grazie a 50mila euro di finanziamenti ministeriali, ha restaurato nell’ambiente absidale la parete sinistra (con l’adorazione dei Magi) e la contigua vela (con uno dei 4 dottori della chiesa), un secondo nucleo d’intervento realizzato da Lares Restauri (in virtù di altri 100mila euro provenienti sempre dal Ministero) ha portato all’ultimazione dei lavori.
Tra i fenomeni più evidenti: efflorescenze saline, abrasioni, distacchi e attacchi biologici, come spiegano Mario Cherido della Lares e Marta Mazza, della Soprintendenza per i Beni storici artistici ed etnoantropologici per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso.
Evidenti inoltre le integrazioni realizzate all’inizio degli anni Cinquanta con la tecnica «a rigatino» nel corso di un precedente intervento di restauro della scena della Crocifissione (in particolare sul volto di Cristo).
«Abbiamo riscontrato tracce di dorature ed elementi metallici oggi perduti, prosegue Marta Mazza, che dovevano caratterizzare e impreziosire alcune scene. Si tratta d’un ciclo canonico per iconografia e prerogative qualitative, affine a quello della chiesa di Sant’Andrea di Bigonzo a Vittorio Veneto (anch’essa attualmente in restauro grazie finanziamenti privati) dove ebbe a operare lo stesso Antonio Zago».
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