Simone Facchinetti
Leggi i suoi articoliNegli ultimi anni i passaggi in asta delle opere di Angelica Kauffmann (1741-1807) hanno fatto registrare un sensibile rialzo delle quotazioni. Questo dato si lega a tre fattori principali: l’appartenenza al genere femminile, la qualità sostenuta della sua pittura e, in generale, un interesse crescente verso l’età neoclassica. Le vicende biografiche della pittrice di origini svizzere la rendono molto attraente, soprattutto in virtù della sua spiccata emancipazione, l’amicizia con Goethe, i viaggi europei ecc.; tutti fattori recepiti positivamente mentre è in atto un’energica azione di riscrittura della nostra storia.
Nelle aste affiorano di frequente opere di Kauffmann, tutto sta a capire se lo siano davvero, oppure no. I tre casi classici sono: 1. Opere attribuite ma che lo sono veramente; 2. Opere date per certe che invece non lo sono; 3. Opere certe (qui si apre un altro bivio relativo al soggetto e allo stato di conservazione).
Nel primo caso rientra appieno il notevole rame circolare (33 cm di diametro) venduto da Dawsons Auctioneers lo scorso 26 gennaio. Sembrava spuntato dal nulla, senza uno straccio di documentazione, e così gli esperti di Dawsons si sono limitati a schedarlo come «Circle of Angelica Kauffmann», stimandolo neanche mille sterline. Ci ha pensato il mercato a ristabilire la verità, alimentando il numero dei colpi di martello fino alla battuta finale di 67mila (esclusi i diritti).
Appartengono al secondo caso numerosi episodi di sofisticazione merceologica che il mercato, in genere, rigetta senza pietà. Il 4 aprile scorso Sworders ha messo all’asta il presunto ritratto di Louise Henrietta Campbell (lotto 68) stimato 50-70mila sterline. Perché è andato invenduto? La stima, certo, non aiutava. Una delle strategie adottate dal mercato è quella di attrarre il maggior numero di potenziali acquirenti, tramite valori fittizi. Sworders ha preferito non utilizzare questo stratagemma, gesto che gli fa molto onore (ma anche poca cassa). Concentriamoci sul ritratto. Nella scheda di catalogo emergevano seri dubbi sull’identità della donna ritratta ma il problema principale era rappresentato dallo stato di conservazione della tela. La lampada di Wood metteva in evidenza diffusi ritocchi, estesi su tutta la superficie: ridipinture che nascondevano danni originari, difetti che hanno a che fare con una tecnica non perfettamente controllata. Sotto questa cattiva luce l’opera ha perso molto del suo appeal.
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