Flavia Foradini
Leggi i suoi articoliSono monumentali dipinti in situ, quelli creati da Katharina Grosse nei tre spazi della Pfeilerhalle dell’Albertina, per la mostra aperta dal primo novembre al 25 febbraio 2024 col titolo «Perché tre toni non formano un triangolo».
Dipinti che coprono pareti, soffitti e pavimenti e propongono al visitatore un’avvolgente esperienza sensoriale, un’immersione dentro mondi astratti di colore e di esplosioni percettive. «Siamo di fronte a una delle più importanti artiste del nostro tempo, afferma Klaus Albrecht Schröder, direttore del museo. La sua pittura colpisce per la forza e l’intensità del colore e per il continuo superamento di limiti: libertà e autonomia sono pilastri portanti della sua produzione».
Sessantadue anni, una vita divisa tra la natia Germania e la Nuova Zelanda, Grosse si è affermata nel tempo per le sue monumentali creazioni che paiono invadere e prendere possesso degli spazi più disparati sia all’aperto sia al chiuso: opere che fanno dialogare pittura e scultura, architetture e paesaggi e travalicano generi.
Dal suo primo intervento in esterno su una roccia in Sardegna nel 1982, assieme a un’amica, quando ancora studiava all’Accademia di Belle arti di Münster e creò un dipinto dall’aspetto arcaico che rimandava alle incisione rupestri, alle poderose installazioni dentro e fuori la stazione di Amburgo del 2020, passando per l’albero secolare rivisitato a Villa Medici del 2018, Grosse dà corpo a un’arte dinamica e tattile, potente nelle cromie accese e vibranti, che pone il colore al centro, con un’immediatezza che viene prima del linguaggio e parla ai sensi: «Direi che l’aspetto essenziale della mia tavolozza è che perlopiù uso i colori così come sono. Per molti anni non li ho neppure mischiati. Uso più o meno tre gialli, tre rossi, tre verdi, tre blu e un paio di colori intermedi, soprattutto per alternare tonalità calde e tonalità fredde, opaco e translucido, e bianco. E questo è tutto», dice l’artista.
«L’astrazione e l’informale non sono per Grosse un semplice distacco da forme concrete o una rinuncia a esse, bensì creano uno spazio libero per la trasformazione della realtà, spiega la curatrice Angela Stief. La sua arte mostra tratti performativi, installativi, scultorei; fa riferimento al Minimalismo e alla Land art, crea interazioni e nuovi equilibri. Le opere nate nelle storiche sale del nostro museo portano idealmente il visitatore dentro l’atelier dell’artista e si propongono come Gesamtkunstwerk dentro cui entrare». Al termine della mostra, le opere torneranno nell’atelier berlinese dell’artista.
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