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Nel Museo Vincenzo Vela si contano oltre un migliaio di lastre in vetro e stampe fotografiche, riunite in una delle più antiche collezioni fotografiche della Svizzera
Vincenzo Vela e il figlio Spartaco, pittore, erano entrambi appassionati di fotografia, e nelle collezioni del Museo Vincenzo Vela, che si apre nella villa del grande scultore, insieme ai gessi, alle sculture, ai disegni suoi, ai dipinti del figlio e a una ricca quadreria di pittura lombarda e piemontese dell’Ottocento, si contano oltre un migliaio di lastre in vetro e stampe fotografiche, riunite in quella che è una delle più antiche collezioni fotografiche della Svizzera.
Difficile dunque immaginare una sede più adeguata per la mostra «Con la luce di Roma. Fotografie dal 1842 al 1860 nella collezione Marco Antonetto» (dal 22 novembre al 10 aprile prossimo), in cui è esposto il nucleo di fotografie «romane» scelte dal collezionista fra le moltissime realizzate alla metà dell’Ottocento dai pionieri della fotografia.
Eredi del vedutismo da Grand Tour, queste immagini ne ripetono i modelli: Roma del resto, tappa ineludibile sin dal Seicento del viaggio di formazione delle classi dirigenti e degli uomini di cultura, con la sua abbagliante bellezza suggerì anche ai fotografi ottocenteschi di battere soprattutto la via del vedutismo, al contrario di quanto accadeva in città meno seducenti ma più innovative sotto questo profilo, quali erano per esempio Torino e Milano.
In mostra sfilano dagherrotipi e i primi, sperimentali, negativi su carta, fino alle immagini dei primi studi fotografici professionali, che composero un repertorio dalla fortuna planetaria.
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