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Giovanni Pellinghelli del Monticello
Leggi i suoi articoliIl Governo greco, pur nelle turbolenze che attraversa, ha concluso il restauro degli interni (dopo quello degli esterni avviato nel 2002) della Casa Nikolaidis a Patmos, tipico esempio di residenza urbana del XVII secolo nel momento di splendore economico dell’isola del Dodecaneso, a quell’epoca il maggior centro commerciale e di armatori dell’Egeo Meridionale grazie ai privilegi concessi dagli imperatori bizantini e confermati dai sultani.
Casa Nikolaidis, come le altre abitazioni di grandi dimensioni destinate non solo ad accogliere la famiglia ma anche a testimoniarne la prosperità, sorse nell’ambito della Chora (oggi nome del complesso urbano ma allora termine che indicava la campagna intorno al convento o castello), ma a relativa distanza dal Monastero di San Giovanni il teologo a significarne l’indipendenza.
L’edificio (attualmente adibito a museo e centro culturale) si sviluppa su vari livelli, dai sotterranei con cisterne per l’acqua e per l’olio ai piani alti, in cui le stanze si alternano a corti interne e a terrazze in un andamento irregolare che testimonia il progressivo ampliarsi della residenza di pari passo all’aumento della ricchezza della famiglia.
Al piano terreno, l’opulenza della casa è indicata dalla rara presenza di una cappella interna dedicata a San Nikolaos e dotata di un’iconostasi (nelle chiese di rito orientale la parete divisoria fra la navata e il presbiterio in memoria del drappo che nel Tempio di Salomone celava il Sancta Sanctorum con l’Arca dell’Alleanza) scintillante di pitture e icone in argento anch’essa restaurata.
Ai piani superiori, a separare gli appartamenti notturni (Hypnos) da quelli di ricevimento (Sala o Nondas), si erge l’imponente e decoratissimo Ambataros, la complessa struttura che separava le due parti della casa, contenente anche armadi, cassettoni e ripiani, interamente dipinta in quello stile tipico delle arti decorative greco-ottomane del Sei e Settecento, in cui si fondono elementi tardobizantini, ottomani di derivazione persiana, «latini» (cioè del Gotico fiorito francese, veneziani e genovesi) e dell’India Moghul, come rivelano le figure di cacciatori a cavallo accompagnati da levrieri e circondati da aquile, pavoni, civette e dal mitico unicorno, figure di ricercata eleganza e vividi effetti cromatici, a dimostrare la koiné culturale che costantemente lega Oriente e Occidente.
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