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Giovanni Pellinghelli del Monticello
Leggi i suoi articoliSignora delle vendite è anche L. S. Hilton, nom de plume dalla storica e biografa Lisa Hilton (1974), Fellow Royal Historical Society dal 2024 e già nota autrice della trilogia «artistic-erotic thriller» Maestra, Domina, Ultima (2016, 2017, 2018; in italiano Tea, Milano, 2017, 2018, 2019; la trilogia in unico volume 2020) e di tre opere biografiche note non solo per l’apprezzamento di critica e pubblico e per la serietà storica, ma anche per l’insita sfrontata provocazione: Athénais: The Real Queen of France (2002), biografia della più spregiudicata delle amanti di Luigi XIV, Françoise-Athénaïs de Montespan (1640-1707), coi trasparenti inequivocabili lapalissiani paralleli fra la Marquise e l’allora Mrs Camilla Parker-Bowles, allora solo amante ufficiale del principe di Galles; Mistress Peachum’s Pleasure (2005), biografia di Lavinia Fenton (1708-60), un’attrice di umilissime origini (nata a Charing Cross e prostituta-bambina, cameriera e locandiera prima di diventare attrice) che si fece strada nella vita teatrale e mondana di Londra a metà del XVIII secolo (con il ruolo di Polly Peachum nella «Beggar’s Opera» di John Gay, in cui debuttò a inizio 1728, ebbe tale e fulminante successo che in poche settimane divenne per i londinesi un’eroina tutt’uno con il suo personaggio). Un dipinto di Hogarth (di cui esistono 6 versioni, data la popolarità) la mostra sulla scena, il quarantenne futuro marito Charles Powlett, terzo duca di Bolton, che l’osserva da un lato in abito di corte con le insegne dell’Ordine della Giarrettiera. Dopo l’ultima replica come Polly il 19 aprile 1728, Lavinia e Bolton fuggirono in Francia, con clamoroso scandalo di tutta Londra (ne parlano anche John Gay e Jonathan Swift in uno scambio epistolare), ma solo nel 1751, finalmente morta la prima moglie, Bolton poté sposare Lavinia e coronare un’unione felice da cui erano nati tre figli.
Chiude la serie delle tre biografie di Lisa Hilton un volume che sfida la reputazione della vestale della letteratura britannica del XX secolo, sacerdotessa dell’Upper Class, Nancy Mitford: The Horror of Love: Nancy Mitford and Gaston Palewski in Paris and London (2011) in cui analizza «miserie e nobiltà» della poco segreta liaison della scrittrice col diplomatico, ministro e scrittore francese Gaston Palewski, due stelle della buona società europea della metà del XX secolo. La sua opera più recente, The Scandal of the Century (2024), dedicata alle vicende della scrittrice Aphra Behn (1640-89), autrice del romanzo Love-Letters Between a Nobleman and His Sister (1684), e di Lady Henrietta Berkeley (ca 1664-1706), la damigella inglese ispiratrice del romanzo che a 16 anni si invischiò in una relazione col marito della sorella maggiore, Ford Grey, terzo barone Grey of Warke (1650-1701) e venne relegata in una residenza di campagna isolata. Con un romanzesco rapimento Grey riuscì a portare Henrietta a vivere con sé a Londra. Il Conte di Berkeley, padre di Henrietta, incurante dell’inevitabile scandalo, citò Lord Grey in un processo che fece effettivamente enorme scalpore nel 1682.

Artemisia Gentileschi, «Giuditta e Oloferne», 1615-20, Firenze, Galleria degli Uffizi
Per Lisa Hilton il successo internazionale, clamoroso e con recensioni «bombastiche» arriva con il primo volume della trilogia, Maestra, e si rafforza con i due seguiti: Domina e Ultima. Protagonista unica e totalizzante (gli altri personaggi, per quanto incisivi e determinanti, sono solo comprimari in una pièce sempre accuratamente diretta da lei) è Judith Rashleigh, ragazza di origini modeste (l’autrice indica come chiave di lettura della sua eroina la Giuditta che Artemisia Gentileschi ha dipinto nell’atto di decapitare Oloferne in due versioni, una a Capodimonte e una agli Uffizi) che usa con sapienza e sfrontatezza i propri molti e svariati talenti (intelligenza, mancanza di scrupoli, bellezza, sensualità, occhio e conoscenza artistica, coraggio e pelo sullo stomaco) per uscire dalla propria opaca quotidianità fatta di un lavoro come assistente in una casa d’aste d’élite di giorno e di un ruolo di entraîneuse in un mediocre night-club londinese di dubbissima fama di notte. Lo stupro che subisce da un losco cliente della casa d’aste prima e il non celato riconoscimento di un falso nel quadro di Stubbs, «The Duke and Duchess of Richmond Watching the Gallops» (ricalcato su «Racehorses Exercising at Goodwood», 1759-60, Goodwood House, Sussex, residenza dei duchi di Richmond e Lennox) che il suo spocchiosissimo capo Rupert vorrebbe come fulcro della prossima Evening Sale provocano il suo immediato licenziamento.
Delusa e avvilita, Judith si lascia convincere da un cliente del nightclub ad accompagnarlo a Cannes per una vacanza, ma durante una notte di sesso (il via alla serie delle molte e molto discusse performance erotiche nei volumi) l’obeso James muore di infarto. Judith decide allora di giocare il tutto per tutto: sparisce con i soldi di James, cambia nome e viaggia in tutta Europa seducendo e usando vari uomini, affermandosi come esperta e mercante d’arte di origini ed esperienze più colte e altolocate, finendo così per imbattersi proprio in quello stesso falso Stubbs che l’aveva fatta licenziare e che, comprende all’istante, era parte di una truffa assai più elaborata per vendere il dipinto per milioni di dollari a un collezionista sudamericano, signore della droga.
In crescendo, Judith uccide il venditore per ottenere data e luogo della vendita, si presenta a Roma fingendosi l’assistente dell’ammazzato, vende il dipinto e trasferisce l’ingente incasso sul conto offshore a suo nome appositamente aperto in precedenza. Ricca e stabilitasi in Francia, Judith, nonostante i frequenti cambi di identità, vive nel terrore di essere rintracciata dal suo ex-capo e dal truffato signore della droga… Da questo punto la vicenda si sviluppa in una frenesia rocambolesca di inganni e omicidi, fra gallerie d’arte e vernissage, mostre e collezionisti più o meno loschi, e avventure di sesso, finché riesce a stabilirsi a Venezia e a imporsi come mercante d’arte a San Giorgio Maggiore, dove infine incontra all’inaugurazione della sua nuova galleria (chiamata non a caso «Gentileschi») l’arcinemico Rupert che non riconosce nella scintillante gallerista alla moda la sua scialba ex-assistente.

George Stubbs, «The Milbanke and Melbourne Families», 1769, Londra, National Gallery
I due romanzi successivi si sviluppano sullo stesso registro serrato e spregiudicato, fra omicidi, dipinti veri e falsi, mercanti d’arte, mondanità e intrighi spietati, speziati da ennesime vicende di sesso manipolativo (apprezzate dal «Washington Post» ma ritenute dal «New York Times» inutilmente ripetitive) con tenebrosi oligarchi russi più o meno fascinosi, artisti e falsari e collezionisti privi di qualsiasi remora. Domina vede Judith Rashleigh trasformata in Elisabeth Teerlinc, gallerista di successo internazionale che vive nel lusso degli splendori di Venezia, circondata da quadri di maestri antichi e contemporanei nel vasto appartamento al piano nobile d’un palazzetto settecentesco in Campo Santa Margherita. Ma il suo passato la rincorre inarrestabile (qualcuno che sa che cos’ha fatto) nelle calli veneziane: per salvarsi dovrà ritrovare e rubare un dipinto di valore incalcolabile che però lei stessa è convinta non esista, benché non sia l’unica a cercarlo. In gioco ci sono il suo futuro e la sua vita: la lotta per la sopravvivenza sarà durissima e senza esclusione di colpi.
In Ultima, Judith/Elisabeth si occupa di falsi, materia che conosce alla perfezione e di prima mano essendo lei stessa un perfetto falso d’autore (la sua verità è sepolta sotto strati di bugie come i cadaveri di chi ha osato ostacolarla). Presa fra i due fuochi di un efferato boss della mafia russa e di un poliziotto italiano corrotto ancora più spietato, è costretta a creare un falso arditissimo, nientemeno che un ritrovato Gauguin: «Woman with a Fan II», una seconda versione della «Jeune Fille à l’Eventail», dipinta alle Isole Marchesi nel 1902, «melange [fra questa] e “Et l’Or de leur Corps” [del 1901]» e a portarlo sul rostro proprio della celebre casa d’asta per cui ha lavorato a Londra, ottenendo una vendita record per 150 milioni di sterline. Ma esporsi con la sua nuova identità di celebre ma schiva gallerista è il rischio più grande.
Questi veri feuilletons d’alto bordo, fra un quadro e l’altro, un letto e l’altro, una scomparsa o un omicidio e l’altro, portano tuttavia alla catartica redenzione e pacificazione di quella Judith che mai, neppure per un attimo, smette di sedurre pericolosamente chi legge.

Paul Gauguin, «Et l’Or de leur Corps», 1901, Parigi, Musée d’Orsay
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