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Michela Moro
Leggi i suoi articoliWanda Rotelli nel suo volume Lo spettacolo dell’asta che esce il primo marzo per le Edizioni Officina Libraria, fa esattamente quello che delle aste dice Damien Hirst: «Il fatto che queste opere abbiano un loro valore sul mercato le fa sembrare particolarmente vive. L’importante è che siano sempre i soldi a inseguire l’arte, e non il contrario».
Con una lunghissima dimestichezza nel mondo delle vendite all’incanto, Wanda Rotelli è stata uno dei pilastri della comunicazione di Sotheby’s per più di trent’anni, l’autrice propone un racconto appassionante che parte dalla storia dell’arte e non dai valori di mercato per raccontarci in continui rimandi come, dal XVIII secolo a oggi, le aste abbiano proposto nuovi modi di approcciarsi all’arte, spesso rendendola più «popolare», includendo debt, divorce e death, le ragioni principali di vendita, ma soprattutto lungimiranza, amore e passione, sia per le persone sia per l’arte.
«È un libro che forse mancava e che ho cercato tanto; un libro che narrasse per capisaldi una storia secolare, racconta Wanda Rotelli. Nella vasta bibliografia inglese e americana di settore a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, ho trovato due ritratti editi da Christie’s e Sotheby’s, e poi delle indagini specifiche di arte e mercato, studi di nuove attribuzioni su lotti passati in asta, oppure del giornalismo investigativo, ma non sono riuscita a trovare un volume esaustivo sulla storia del mondo delle aste e quindi mi è venuta quest’idea».
Lo spirito arguto e la scrittura chiara e brillante di Wanda Rotelli fanno del volume una godibilissima lettura. S’incontrano i Rothschild e i Guggenheim, con i loro agili rapporti col mercato, Sir Joseph Duveen, Leo Castelli e Ileana Sonnabend, con l’innovativa rete internazionale di gallerie amiche, i Kress e gli Scull, power couple poi divorziata che tiene la scena delle aste in entrambi i casi, Andy Warhol e Alfred Taubman (azionista di riferimento di Sotheby’s dal 1983 al 1993), James Christie e Peter Wilson, pesi massimi nel campo delle aste e del collezionismo, banditori teatrali che rivoluzionano il mestiere a duecento anni di distanza l’uno dall’altro.
E ancora John Quinn, avvocato e brillante collezionista americano d’avanguardia, anima dell’Armory Show del 1913, prima vasta fiera d’arte moderna americana, che contribuisce alla nascita delle grandi collezioni negli Stati Uniti d’America. Poi la battagliera saleroom correspondent Geraldine Keen Norman, che terrorizza i grandi capi delle sedi londinesi di Christie’s e Sotheby’s con le sue richieste di trasparenza.
Si parla della Von Hirsh Collection (1978), che vede la rete dei musei tedeschi coordinarsi in un’eccellente collaborazione tra privato e pubblico per una luminosa pagina di mercato. Si arriva all’asta di Damien Hirst del 2008, presentata come se fosse la prima volta che un artista vivente vende tutto il suo magazzino bypassando i suoi mercanti, mentre in realtà Manet, prima di morire, lascia indicazioni precise per l’asta del 1894 in cui viene venduto tutto il suo studio, affidando a Théodore Duret la compilazione del catalogo.
Difficile scegliere tra i secoli e i mille successi delle vendite?
Il mondo delle aste è un fiume senza fine e mi risultava difficile entrarci ma anche uscirne. Poi ho trovato forti affinità tra il Chevalier d’Eon, un personaggio di fine Settecento (1728-1810), agente segreto francese, una spia che viveva tra la Francia e Londra, ora con le vesti di uomo, ora in abiti femminili, e David Bowie, che nel 2001 cura con lo scrittore William Boyd una delle beffe che saltuariamente accompagnano il mondo dell’arte moderna e contemporanea. Con ironia i due raggirano il sistema dell’arte, utilizzandone tutti i componenti, per il lancio e la vendita dell’opera del loro pupillo, l’artista Nat Tate, genio incompreso anche perché mai esistito. Tante analogie perché nella propria epoca sono entrambi personaggi famosi, collezionisti raffinati, entrambi trasgressori di regole, entrambi amanti del cross dressing, quindi ho pensato forse così era possibile iniziare e buttarmi poi fuori dal fiume.
Come si collegano le innovazioni di oggi con quelle di ieri?
Mi viene in mente il ritratto di Gainsborough del 1778, che quel vero genio di James Christie espone nei saloni della sua casa d’aste. Gainsborough è la star del momento e il famoso ritratto, adesso al Getty, ritrae James Christie a figura quasi intera appoggiato a una serie di grandi dipinti, in mano un brogliaccio di catalogo mentre guarda avidamente il futuro. L’idea di esporre la star dell’epoca nel salone principale della casa d’asta alla fine del ’700 mi ha fatto venire in mente gli showroom di New Bond Street dove nelle vetrine si espongono adesso gli oggetti del lusso.
Quali sono stati gli eventi e le aste più innovativi?
Sono partita dalla grande asta di Stowe House, set di famosi film e recentemente della serie televisiva «The Crown». Christie’s e Sotheby’s vendono insieme nel 1848 (la rivalità non è ancora così marcata) tutto il contenuto della magnificentissima residenza di Richard, secondo duca di Buckingham e Chandos (1797-1861), andato in bancarotta. L’asta, detta in gergo «The 40 Days Sale», attrae migliaia di londinesi giunti a curiosare nella grandeur della nobiltà che vendeva da Rembrandt agli arredi degli alloggi per la servitù. Quest’asta celeberrima ricorda le vendite online, un’operazione analoga, perché è stata come un’apertura di nuovi portali. Un’altra invenzione miliare di James Christie è la trasformazione della sala d’aste da luogo di cenni e di colpi di martello al salotto per aristocratici connoisseurs che dà il via all’impostazione della saleroom moderna. Altro criterio di scelta sono le aste che aprono nuovi mercati. A cominciare dalle quaranta casse di Paul Durand-Ruel che manda via nave a New York, dove finalmente l’America scopre gli impressionisti, anche se i primi momenti sono difficili. Oppure, correndo negli anni, l’asta Volpi: siamo in Europa, in pieno primo conflitto mondiale, e Volpi s’inventa di spedire migliaia di lotti per nave alla volta dell’America stabilendo il Davanzati Style, con pezzi autentici o ispirati al Rinascimento italiano.
Lei parla poco di soldi, anche se il libro è pieno di record e di connessioni tra arte e mostre museali.
Ho voluto fare una storia più narrativa, più nelle corde del lavoro che ho fatto. Mi sono occupata di comunicazione e marketing, ho privilegiato un aspetto più inedito.
Lo spettacolo dell’asta,
di Wanda Rotelli, 256 pp., ill., Officina Libraria, Roma 2022, € 22

Un momento della vendita di Damien Hirst del 2008. © Sotheby’s

Wanda Rotelli
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