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Laura Lombardi
Leggi i suoi articoli60 meravigliose piccole sculture composite
La mostra «Splendida Minima. Piccole sculture preziose nelle collezioni medicee: dalla Tribuna di Francesco I de’ Medici al tesoro granducale» a cura di Valentina Conticelli, Riccardo Gennaioli e Fabrizio Paolucci al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti dal 21 giugno al 2 novembre, è dedicata alla raccolta di un settore rarissimo della glittica, piccole sculture in pietra di età ellenistica e romana, realizzate in una tecnica perduta nel Medioevo, ma riproposta in pieno Rinascimento.
Se la prima sezione della mostra illustra le funzioni delle sculturine come complementi di scettri e corone nell’età classica e tardoimperiale e il loro riutilizzo in età postclassica, reimpiegate in fastose suppellettili, il cuore della mostra è costituito dall’importante nucleo della collezione di Francesco I de’ Medici, che nella Tribuna degli Uffizi aveva realizzato un allestimento di grande suggestione, rimasto tale per quasi due secoli.
Le piccole teste antiche in pietra dura (cristallo di rocca, agata orientale, calcedonio, lapislazzuli, corniola o ametista) erano fatte montare dagli orefici delle botteghe medicee su busti in alabastro, marmo o bronzo, con l’aggiunta di panneggi d’argento; questi manufatti servivano poi a scandire punti precisi delle mensole (o erano incastonati nei supporti) sulle quali erano disposte le rarità della Wunderkammer medicea.
La raccolta si incrementa fino a 60 esemplari (tutti conservati al Museo degli Argenti), tra cui il capolavoro della testa di Augusto, ricavata da un unico pezzo di turchese e acquistata da Ferdinando I, cui seguono quelle raccolte dal cardinal Leopoldo Medici, Cosimo III e dal gran Principe Ferdinando.
Per rievocare lo splendore dei giochi di luce che dovevan suscitare quei preziosi assemblaggi nella Tribuna, in dialogo con le cromie dei dipinti, i bagliori dei bronzi o le tonalità dei marmi, è stata ricostruita in mostra una delle mensole: si svela così un aspetto ludico e al tempo stesso coltissimo di integrazione tra antico e moderno, che in fondo già si era espresso nei vasi integrati con originali antichi di Lorenzo il Magnifico, ma che assume la connotazione preziosa e bizzarra propria dell’arte del Rinascimento maturo.
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