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Parte del progetto «Dal territorio alla terra. Progetto per un museo di fotografia diffuso», messo in atto dal MuFoCo-Museo di Fotografia Contemporanea nel suo «cambio di pelle» da museo stanziale a museo «a rete», la mostra «Moira Ricci. Capitale terreno», a cura di Emanuela De Cecco (allo Spazio Oberdan dal 9 settembre al 18 ottobre), presenta la riflessione della giovane artista toscana sul tema della civiltà contadina, così ricca di storia, tradizioni e leggende eppure relegata dalla cultura dominante in un ruolo del tutto gregario.
Moira Ricci, che si è ormai costruita una fama, non ha mai smesso di sentirsi parte della campagna maremmana, dov’è nata nel 1977, né di esplorare i significati simbolici delle sue tradizioni. In questa occasione espone due progetti recenti: «Da buio a buio», 2009-15, con le sue quattro «storie» («La bambina cinghiale», «Il lupo mannaro», «L’uomo sasso», «I gemellini») nelle quali documenta fittiziamente con le sue immagini fotografiche, i video, le registrazioni, l’esistenza di quei personaggi di fantasia, regalando loro una veridicità sorprendente.
Il secondo progetto, «Dove il cielo è più vicino», 2014, unisce grandi fotografie a colori (una nella foto) e due videoproiezioni che narrano l’abbandono della terra e dei casali da parte di contadini immiseriti e delusi, ai quali l’artista regala un improbabile trattore-astronave per allontanarsi sì dalla terra, ma puntando verso il cielo.
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