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Ettore Tito, «Vecchia Pescheria (Pescheria vecchia)», olio su tela, 1893 ca

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Ettore Tito, «Vecchia Pescheria (Pescheria vecchia)», olio su tela, 1893 ca

Ettore Tito, il Don Giovanni della tavolozza

Il catalogo ragionato del ritrattista campione della pittura veneziana nel mondo ma criticato da Longhi

Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

In vita, Ettore Tito (1859-1941) poté contare su un solido successo, specie al tempo delle prime Biennali, di cui fu uno dei promotori. E anche negli anni tra le due guerre continuò a partecipare a numerose edizioni della mostra veneziana, supportato da Corrado Ricci e Ugo Ojetti ma oggetto, a quel punto, anche di critiche velenose da parte di Roberto Longhi oltre che di Soffici e Carrà, che lo consideravano il portabandiera di una pittura sorpassata.

A conquistargli quel primo, vasto successo, fino a diventare il campione della pittura veneziana nel mondo, era stato il suo stile accelerato e seduttivo (da «Don Giovanni della tavolozza», si disse) fatto di pennellate luminose e sintetiche, allusive più che descrittive, di punti di vista scorciati e di tagli fotografici, che lo ponevano nella linea dell’ultimo Impressionismo internazionale, insieme a Zorn, suo caro amico, Sargent, Zuloaga e Sorolla.

Con la sua pittura briosa (e grazie anche alla frequentazione dei colti e doviziosi stranieri residenti a Venezia), Tito divenne un ricercato ritrattista del bel mondo. Ma realizzò anche composizioni mitologiche vicine a quelle di Franz von Stuck, sensuali nudi femminili, scene urbane e grandiose imprese decorative, come sulla volta della chiesa degli Scalzi a Venezia, dove fu chiamato a misurarsi con Tiepolo, il cui affresco era stato distrutto dalle bombe austriache nella Grande Guerra.

Fu però con le scene di genere ambientate a Venezia che si guadagnò la fama internazionale, specie a Londra, sua città prediletta, dove (al pari però di Parigi e New York) trovò la fortuna anche come illustratore d’importanti riviste. Dopo una lunga stagione di penombra, la sua vicenda artistica torna ora in primo piano grazie al Catalogo ragionato delle opere, promosso dall’Archivio Ettore Tito diretto da Angelo Enrico e Francesco Luigi Maspes, curatori dell’imponente volume (sono state catalogate 544 opere) e autori della catalogazione con Silvia Capponi, cui si devono anche la biografia e gli apparati.

Nella presentazione di Fernando Mazzocca e nei saggi di Anna Mazzanti e Paul Nicholls riemergono la sua figura e la sua arte, ricostruite con uno sguardo aggiornato, alla luce di nuovi documenti e di ritrovamenti di opere che si credevano perdute, cui si aggiungono le riproduzioni a colori di numerosi dipinti, che ne confermano la grande felicità espressiva.

Ettore Tito. Catalogo ragionato delle opere, a cura di Angelo Enrico e Francesco Luigi Maspes, 496 pp., 265 ill. col., 576 b/n, Gallerie Maspes-Antiga Edizioni, Milano-Crocetta del Montello (Tv) 2020, € 150

Ettore Tito, «Vecchia Pescheria (Pescheria vecchia)», olio su tela, 1893 ca

Ada Masoero, 28 febbraio 2021 | © Riproduzione riservata

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Ettore Tito, il Don Giovanni della tavolozza | Ada Masoero

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