Monica Trigona
Leggi i suoi articoliDi un pittore come Felice Casorati (Novara, 1883-Torino, 1963), cosmopolita in tempi in cui gli artisti non lo erano e richiestissimo in vita quanto omaggiato dalle istituzioni dopo la sua scomparsa, si pensa sempre di conoscere discretamente la produzione. Invece, e per fortuna, una mostra come «Felice Casorati. Pittura che nasce dall’interno» può far ricredere anche il suo estimatore più ligio. Per l’occasione, infatti, a quasi sessant’anni dalla sua ultima esposizione, è possibile ammirare il suggestivo dipinto «Nudo con le trecce (o Ragazza di schiena)», del 1930.
Nel percorso spiccano anche disegni in parte inediti. Tra questi, «Fanciulla addormentata» del 1921, studio preparatorio per l’omonimo quadro distrutto durante il rogo del 1931 nel Glaspalast di Monaco, il Palazzo di Cristallo al quale Casorati aveva inviato ben 9 composizioni, tutte andate bruciate, per l’annuale mostra. Sempre tra le «chicche» si segnala la presenza di due pannelli realizzati presumibilmente per l’abitazione dell’artista, per la prima volta offerti alla pubblica visione, e il gesso decorato «La dormiente» del 1924, bassorilievo di proprietà Riccardo Gualino, uno di quei 14 realizzati per il fregio del teatrino del mecenate, un unicum all’interno della sua produzione.
Curata da Alberto Fiz, la mostra, allestita dal 2 dicembre al 7 aprile 2024 nel Museo Archeologico Regionale, comprende oltre 100 opere, tra dipinti, sculture, disegni e bozzetti teatrali dal 1904 al 1960, suddivise in sei sezioni focalizzate sugli aspetti fondamentali della sua ricerca pittorica, in primis, ma anche plastica, ambito, questo, molto meno indagato. In via Galliari 33 a Torino aveva aperto la sua Scuola libera di Pittura, luogo di formazione per i suoi discepoli e punto di incontro per intellettuali. Da lì uscirono nomi come Silvio Avondo, Albino Galvano, Nella Marchesini, Marisa Mori, Paola Levi Montalcini, Lalla Romano e Daphne Maugham, che diventerà sua moglie nel 1931.
Anche a quest’esperienza è legato un approfondimento in mostra le cui altre aree tematiche sono inerenti al paesaggio, al ritratto, alle figure femminili, alle nature morte, ai bozzetti e ai disegni per il teatro (Casorati lavorò per un ventennio come scenografo, in particolare, con i musicisti Casella, Malipiero, Petrassi, Ghedini e Dallapiccola). Tra i molti capolavori proposti, tutti prestiti da istituzioni pubbliche e private tra cui la Gam-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, il Mart-Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, gli Archivi Teatro e Museo alla Scala di Milano e i Musei Civici-Galleria d’Arte Moderna Achille Forti di Verona, si segnalano «Le ereditiere» del 1910 e «Le due sorelle» del 1921.
Di questi due Fiz scrive nel suo testo critico: «“Le due sorelle” del 1921 è un’opera che per la disposizione delle due donne può essere messa in relazione a “Le ereditiere” del 1910. Le figure, disposte su un’unica diagonale, rappresentano la medesima modella in un raddoppiamento da cui scaturisce l’enigma. Da un lato vestita, dall’altra nuda, illuminate da una luce di cui non si conosce l’origine. Accanto alla figura vestita compare un libro aperto con le pagine bianche, un volume che deve essere ancora scritto come le tante tele ancora da dipingere che si manifestano nelle sue opere (...)». A questi dipinti noti si aggiungono «Le vecchie comari» (1908), «Maria Anna De Lisi» (1918), «Tiro al bersaglio» (1919), «Donne in barca» (1933), «dove Casorati sembra aver trasferito l’atelier in uno spazio all’aperto collocando le sue tre figure femminili all’interno di una barca intesa essa stessa come elemento protettivo e materno», per dirla ancora con Fiz.
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