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Salvo, «Senza titolo», 1988 (particolare). Copyright Archivio Salvo, cortesia Gladstone Gallery, New York e Brussels e Norma Mangione Gallery, Torino

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Salvo, «Senza titolo», 1988 (particolare). Copyright Archivio Salvo, cortesia Gladstone Gallery, New York e Brussels e Norma Mangione Gallery, Torino

Alla Gladstone Gallery i dipinti di Salvo

Il 1973 fu l’anno della «svolta pittorica» di Mangione

Federico Florian

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New York. Salvo, nato Salvatore Mangione (1947-2015), è forse uno dei personaggi più criptici e affascinanti della storia dell’arte italiana degli ultimi quarant’anni. Un artista inquieto, eclettico, il cui lavoro medita sul senso stesso del fare arte mediante un costante sguardo al passato, reinterpretato attraverso la lente di una sensibilità moderna e raffinatissima.

A Salvo, una figura sinora marginale nel discorso storico artistico internazionale, la galleria Gladstone 64 dedica un’importante personale, dall’11 gennaio al 29 febbraio; una mostra di sola pittura, medium ampiamente esplorato da Mangione a partire dal 1973, ovvero l’anno della sua «svolta pittorica».

Precedentemente al ’73, la pratica di Salvo si sviluppa e definisce in risposta al Concettualismo e soprattutto all’Arte povera, che in quegli anni (tra la fine dei Sessanta e i primi Settanta) prosperava a Torino, città adottiva dell’artista sin dall’età di nove anni.

Amico stretto di Alighiero Boetti, con cui condivideva lo studio, il Salvo concettuale produsse una serie di «lapidi» in marmo, con iscrizioni spesso farsesche o falsamente autocelebrative («Io sono il migliore», recita una lapide del 1970), e un gruppo di «autoritratti», fotografie di se stesso come panettiere, guerrigliero, santo e persino in veste del pittore Raffaello. Ma torniamo all’anno della svolta.

Quasi un decennio prima della resurrezione della pittura negli anni Ottanta, Salvo si lascia alle spalle ogni velleità concettuale per abbracciare il più tradizionale degli approcci pittorici: la figurazione. È così che si dedica alla creazione di ipersaturi paesaggi urbani o bucolici, parzialmente immaginari; accesissimi i colori e distillate nell’essenza le loro forme, spesso evocative di monumenti e dettagli architettonici di luoghi e città visitate dall’artista durante le sue peregrinazioni.

I lavori esposti a New York, realizzati tra il 1980 e il 2011, strizzano l’occhio a maestri dell’avanguardia come de Chirico e Carrà, pur mantenendo uno stile originalissimo e attento a catturare, mediante una sorta di postmoderna tecnica impressionista, le luci e i colori dei diversi momenti della giornata. In occasione della mostra (organizzata in collaborazione con l’Archivio Salvo), verrà ristampata la pubblicazione prodotta per la prima esposizione dell’artista presso la galleria newyorkese nel 1986 (Salvo: Della Pittura / On Painting / Über die Malerei, Buchhandlung Walther König).
 

Federico Florian, 11 gennaio 2020 | © Riproduzione riservata

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