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Vincenzo de Bellis

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Vincenzo de Bellis: «Tutta Basilea suona all’unisono»

L’edizione 2025 della fiera svizzera alza l’asticella: le novità tra arte pubblica, premi internazionali e la presenza strategica dell’Italia

Dal 19 al 22 giugno, Art Basel torna ad accendere la scena internazionale nella sua sede storica della Messe Basel, accogliendo 289 gallerie provenienti da 42 Paesi. Un’edizione che si preannuncia più ambiziosa che mai, in cui l’arte non si limita agli spazi espositivi ma invade la città, intrecciandosi con il suo tessuto urbano e culturale. L’edizione 2025 introduce una grande novità: gli Art Basel Awards, riconoscimenti globali senza precedenti che celebrano figure chiave della scena artistica internazionale. Un segnale forte che conferma la volontà della fiera di essere non solo una vetrina di mercato, ma anche un laboratorio di idee e un sostegno per coloro che contribuiscono attivamente a ridefinire il mondo dell’arte. In questa speciale intervista, Vincenzo de Bellis, direttore delle fiere e delle piattaforme espositive di Art Basel e presidente degli Art Basel Awards, illustra le peculiarità della fiera ma anche un ecosistema in trasformazione, tra impulsi visionari e sfide strutturali in un momento di contrazione del mercato globale.

Quali ritiene siano i principali punti di forza dell’edizione 2025 di Art Basel a Basilea, in termini di programmazione artistica e coinvolgimento del pubblico?
Sicuramente l’intervento di Katharina Grosse nella Messeplatz e nelle strutture circostanti è uno dei grandi punti di forza dell’edizione 2025 in quanto è un progetto che ambisce ad avere un grande impatto sulla città. Altri highlight: non c’è nessuna altra fiera che ha una sezione come Unlimited, che quest’anno propone opere molto ambiziose; sono leggermente meno dello scorso anno perché ancora più grandiose in termini di scala. Poi c’è il primo degli Art Basel Awards: non solo celebriamo 36 selezionate personalità e organizzazioni, tra artisti, musei, curatori, mecenati, scrittori e innovatori interdisciplinari, mettendone in luce i contributi fondamentali per lo sviluppo della nostra industria dell’arte, ma organizziamo l’Art Basel Awards Summit, che si tiene il 20 giugno alla Messe Basel e che ruota attorno al presente e al futuro dell’arte proprio attraverso le loro visioni. Altro aspetto importante sono le attività in città, che si attiva per l’occasione. Ad esempio, al Kunstmuseum ci sarà un’importante mostra su Medardo Rosso, che lo presenta come padre della grande scultura contemporanea. Da italiano sono sicuramente orgoglioso di quest’iniziativa ma c’è da dire che tutta Basilea diventa un palcoscenico che «suona» all’unisono. 

Da dove è nata l’idea degli Art Basel Awards?
Di premi ne esistono diversi nel nostro mondo ma non c’è un vero e proprio Industry Award, ovvero un momento di celebrazione di tutta l’industria dell’arte, anzi delle arti contemporanee, come avviene nel mondo del cinema, della musica, del teatro ecc. Secondo me Art Basel è la casa più naturale, la piattaforma più adeguata, per un riconoscimento del genere, che coinvolge tutti gli attori, dai protagonisti ai fruitori. Gli Art Basel Awards, a differenza di quanto si potrebbe pensare, non prevedono nessuna competizione: ogni anno chiederemo ad alcuni esperti del settore di riferirci, in modo anonimo, alcuni nomi rilevanti a testa del panorama creativo internazionale. Alla fine, i 120 candidati vengono sottoposti a una giuria internazionale composta da nove tra i più importanti direttori di museo del mondo. Questi ne selezionano 36 (18 artisti e 18 non artisti), che sono stati individuati per la loro visione all’avanguardia, la loro competenza e il loro impatto nel presente e nel futuro. Gli artisti premiati sono divisi tra Emerging, Established e Icons, rispettivamente talenti in ascesa, autori affermati e «leggendari». Poi ci sono altre sei categorie in cui rientrano tutti gli altri: Curators, Museums and Institutions, Patrons, Allies, Cross-disciplinary Creators, Media and Storytellers. Noi celebriamo a Basilea tutti loro, perché sono tutti vincitori. Poi, nella seconda parte dell’anno, e questa è la vera particolarità degli Art Basel Awards, questi 36 devono votare tra di loro, come si dice in inglese «peer-to-peer», ed eleggere i cosiddetti «Gold Medalists». Di questo gruppo, gli artisti riceveranno dei premi in denaro, a seconda delle varie categorie per un totale di 300mila dollari complessivi. Ognuno dei premi in denaro è accompagnato da una sua logica atta a sostenere il mondo dell’arte. 

Nel complesso, visti tutti i numeri negativi dei recenti report (The Art Basel and UBS Global Art Market Report; The Intelligence Report di Artnet; Il mercato dell’arte e dei beni da collezione 2025 di Deloitte; The Global Art Market Report in 2024 di Artprice) come sta davvero, e secondo la sua privilegiata prospettiva, il sistema?
È indubbio che stiamo attraversando un momento di flessione del mercato ma è anche naturale dopo anni di crescita. Personalmente sono ottimista perché la storia ci insegna che in questi momenti nascono artisti molto interessanti e si trovano altrettante interessanti vie per ripartire; penso ad esempio agli anni Novanta del secolo scorso. Ovviamente il tutto è accentuato da situazioni che si consumano al di fuori del sistema e che assommate al ricambio dei collezionisti e all’instabilità geopolitica determinano grande incertezza.

Trump e i dazi da una parte, le incertezze economiche e le continue crisi sociopolitiche dall’altra. Secondo lei quali saranno i risvolti a breve e medio termine?
Per il momento le opere d’arte sono escluse dai dazi di Trump; la loro importazione è quindi consentita senza imposte doganali. Tuttavia, questa politica commerciale incide su tutto il resto, per cui la gente tende a essere più prudente. 

Che ruolo gioca l’Italia ad Art Basel? 
L’Italia ha un grande peso numerico e contenutistico. Le gallerie, nonostante il nostro sistema nazionale che non le rende competitive, si danno un gran da fare e fanno grandi sforzi. Sono contentissimo della loro cospicua partecipazione ad Art Basel.

In una fase assai complessa per il mercato, con una forte diminuzione dei fatturati, non crede che i costi per partecipare ad Art Basel siano troppo elevati? Quali politiche avete adottato per coinvolgere le gallerie più giovani?
I costi sono importanti, indubbiamente, ma bisogna pensare anche alla manifestazione di cui si parla: le fiere del gruppo Art Basel sono il fiore all’occhiello del settore a livello mondiale e punto di riferimento nel mercato globale. Il prezzo al metro quadrato non è superiore a quello di altre rassegne. Ci sono poi dei costi per i galleristi, su cui la fiera non può avere un controllo diretto, come gli alberghi e le spese di logistica, e che incidono molto sui loro budget. Ad Art Basel abbiamo già da tempo istituito la cosiddetta «sliding scale», ovvero un prezzo che sale con la dimensione dello stand. Più è grande più costa al metro quadrato. Tutto questo per favorire le gallerie più giovani che sono quelle che, solitamente, prendono spazi meno estesi. Quando si partecipa per la prima volta si ha diritto a degli sconti e i prezzi sono calmierati per le gallerie emergenti. Siamo sempre all’erta nel trovare soluzioni per tutti in modo che la fiera sia sempre accessibile. 

Monica Trigona, 09 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

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