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Elena Correggia
Leggi i suoi articoliPiccolo è bello, anche nell’arte, parafrasando un celebre slogan dell’economista Ernst Friedrich Schumacher. Secondo quanto emerge dal ricco e documentato The Art Basel and Ubs Global Art Market Report 2025, giunto alla nona edizione, il mercato globale dell’arte nel 2024 ha conosciuto un declino in termini di valore del 12% per un totale di 57,5 miliardi di dollari di vendite, proseguendo la fase calante inaugurata l’anno scorso, dopo la ripresa postpandemica del 2021-22. Ma il rallentamento non è indiscriminato. Il volume delle vendite è cresciuto a 40,5 milioni (+3%), trainato dal dinamismo dei segmenti di prezzo medio-bassi delle opere.
I numeri principali
Lo studio, redatto da Clare McAndrew, fondatrice di Arts Economics e pubblicato da Art Basel e UBS, prende in considerazione l’andamento dello sfaccettato sistema dell’arte. Più colpita è stata la fascia di opere top (sopra i 10 milioni di dollari) del «fine art» che ha sperimentato un crollo del valore delle vendite alle aste del 45% sul 2023 (che già aveva totalizzato un -40%); il mercato delle opere sotto i 5mila dollari ha visto invece un incremento dei valori (+7%) e del numero dei lotti (+13%). Il volume delle transazioni in asta è rimasto solido, con un +4% anno su anno, sostenuto dal +8% del segmento di vendite sotto i 50mila dollari, mentre le transazioni sopra il milione sono scese di un terzo. Similmente, nell’ambito delle gallerie e dei mercanti d’arte, le piccole realtà hanno mostrato una maggiore capacità di contrastare le difficoltà del periodo rispetto alle loro controparti di maggiori dimensioni.
Gallerie versus case d’asta
Se le vendite complessive in asta sono calate del 25% (a 19 miliardi), più contenuta è stata la discesa delle gallerie, pari a -6%, con un valore assestato su 34,1 miliardi. La contrazione è dovuta, anche per i mercanti, alla fascia alta del comparto (vendite sopra i 10 milioni), che hanno perso il 9%, mentre gli operatori con un giro d’affari compreso fra 1 e 5 milioni hanno visto crescere l’attività del 10%, percentuale che sale fino al 17% per i mercanti con fatturati inferiori ai 250mila dollari. Per contro, a sostenere il giro d’affari delle case d’asta sono le vendite in trattativa privata, che mettono a segno un +14% per 4,4 miliardi in totale.
Nuovi equilibri geografici
Gli Stati Uniti mantengono la prima posizione con il 43% di vendite per valore (24,8 miliardi), pur perdendo il 9% sul 2023 a causa dell’indebolimento della fascia più alta del mercato e delle forti incertezze macroeconomiche e politiche (il report non tiene conto delle scelte sui dazi della «Trumpeconomics»). Il Regno Unito recupera la seconda posizione con il 18% di market share (10,4 miliardi), un calo più contenuto, del 5% anno su anno, mentre la Cina scende del 4% con una quota del 15%, condizionata dall’indebitamento, dalla debolezza del mercato immobiliare e dalla ridotta crescita economica. Quarta posizione per la Francia con il 7%, ovvero 4,2 miliardi (-10%) rispetto all’anno precedente. Vendite in rallentamento dell’8% per i mercati europei, che totalizzano 8,3 miliardi, con un calo variabile, dal 3% della Svizzera al 10% dell’Italia.
Fiere su e online giù
Le vendite online hanno raccolto globalmente solo 10,5 miliardi (-11%), il valore più basso degli ultimi 4 anni. Per contro le vendite nelle fiere hanno contribuito per il 31% al totale degli affari dei galleristi (+2%) sul 2023. Un incremento dovuto in larga parte alle fiere internazionali, in ascesa del 2% con una quota del 20%, mentre quelle locali rimangono stabili all’11% del totale delle vendite. Sia i canali online sia quelli tradizionali di vendita hanno favorito l’espansione della clientela. Un segnale positivo dato che i dealer hanno dichiarato il 44% di acquirenti nuovi nel 2024, percentuale che sale al 50% per i mercanti di piccole dimensioni. Gli operatori dell’arte contemporanea hanno ridotto le vendite dell’11%; quelli attivi nell’arte del dopoguerra, moderna e antica hanno registrato vendite stabili o in crescita. La capacità del mercato di adattarsi a un anno incerto suggerisce un cauto ottimismo sul futuro. Il 33% dei dealer si attende un miglioramento delle vendite nel 2025, il 47% auspica un anno stabile, il 19% prevede un calo. Se la democratizzazione avviata dall’ampliamento della base dei collezionisti è un buon segnale, gli effetti della volatilità economica e politica sono la sfida che il mercato si trova a fronteggiare.

Artnet. The Intelligence Report. The Year Ahead 2025
Le aste di «fine art» hanno totalizzato 10,2 miliardi nel 2024, - 27,3% sull’anno prima. A soffrire di più la fascia altissima (-44,2% con solo tre opere vendute oltre i 50 milioni, di Magritte, Monet e Ruscha). Cresce invece il numero totale dei lotti pari a 388.007. Risultato: il prezzo medio di un’opera venduta si abbassa a 26.293 dollari. Il dopoguerra e il contemporaneo sono i periodi che generano il valore più alto: poco meno di 4 miliardi (-20,5% sul 2023), in caduta libera l’ultracontemporaneo (-37,9%). Per Artnet non è una correzione ma una vera trasformazione: si riducono gli acquisti status symbol e la speculazione in favore di un collezionismo medio che rende la fascia fra i 100mila e un milione di dollari la più solida, con vendite per 2,9 miliardi (-22,5% sul 2023). Gli Stati Uniti rimangono in pole position (4,3 miliardi, -25,5%), seguiti da Cina 1,88 miliardi (-46,1%) e dal Regno Unito con 1,4 miliardi (-20,5%), che sperimentano il totale più basso degli ultimi dieci anni.

Artprice. The Global Art Market Report in 2024
Anche nel 2024 continua il trend discendente e il giro d’affari del mercato dell’arte si riduce del 33,5%, circa 5 miliardi di dollari. In calo due Nazioni quali Cina (sotto di 3,1 miliardi rispetto al 2023) e Stati Uniti (-1,4 miliardi), ma il mercato è più vivo che mai: il numero totale di lotti venduti sale a 804mila, con una crescita del 4% delle transazioni sul 2023. La metà dei lotti aggiudicati ha un prezzo inferiore a 600 dollari e con un budget di poco superiore ai 9mila dollari si può accedere al 90% di quanto va in asta. Anche il numero di artisti in vendita è cresciuto del 6%, raggiungendo quota 187mila. All’effervescenza nelle transazioni di basso importo corrisponde una rarefazione negli acquisti di opere milionarie. Differenti le dinamiche tra gli artisti, a conferma che, in una fase di mercato come l’attuale, è molto difficile trovare tendenze comuni: Picasso incrementa il valore medio a scapito di una contrazione delle trattative, Rothko scende, prosegue l’entusiasmo per il Surrealismo, con in testa Magritte, per il design di Lalanne e si accende l’interesse per artisti di Paesi emergenti quali India e Vietnam.

Deloitte. Il mercato dell’arte e dei beni da collezione 2025
Incertezze geopolitiche e macroeconomiche contribuiscono alla flessione del mercato dell’arte, con un calo del fatturato globale del 26,2% sul 2023. Difficoltà delle case d’asta nel reperire opere di qualità e scarsa propensione dei collezionisti al rischio hanno condizionato la pittura, il cui fatturato è sceso a poco più di 5,2 miliardi di dollari (-25,6%). Penalizzati anche i passion asset (-22,3%), ma questi collezionabili resistono, trainati dai giovani acquirenti (Millennial e Gen Z), che fanno lievitare l’interesse per i cimeli sportivi e il design, quest’ultimo con 226,1 milioni segna un +20,5%, in controtendenza. L’IA da strumento di analisi diventa anche medium artistico e un dipinto realizzato da un robot umanoide è venduto per 1,1 milioni di dollari da Sotheby’s. New York rimane la piazza più importante, la Cina si indebolisce ma in Asia emergono Corea del Sud, Taiwan e Giappone. Parigi guadagna terreno su Londra e cresce anche il Medio Oriente.

Nomisma e Gruppo Apollo. Arte il valore dell’Industry in Italia
L’industria dell’arte vale 1,36 miliardi di euro in Italia, con un impatto complessivo di 3,86 miliardi fra produzione e indotto, ma è in contrazione. Così afferma il secondo rapporto promosso dall’Associazione Gruppo Apollo e realizzato da Nomisma, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, che denuncia i rischi, per la competitività del comparto, del mancato adeguamento fiscale italiano. Con l’aliquota attuale dell’Iva al 22%, la più alta in Europa, un collezionista paga un’opera il 18% in più rispetto al medesimo acquisto in Francia, dove l’Iva è passata al 5,5% su tutte le transazioni artistiche. Se la situazione rimane invariata il settore potrebbe perdere fino al 28% del fatturato, con punte del -50% per le piccole gallerie e gravi danni per la filiera. Con la riduzione dell’Iva al 5% (una manovra dal costo stimato in 10 milioni) il fatturato di gallerie, antiquari e case d’asta salirebbe a 1,5 miliardi circa in un triennio, con un effetto positivo sull’economia italiana fino a 4,2 miliardi.
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