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Villa Zeri in vendita. Possibile?

La Fondazione Zeri di Bologna non trova un rilancio. Privata di fototeca e Biblioteca, la villa (mai divenuta centro studi) conserva l’importante lapidario

Federico Castelli Gattinara

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«A diciotto anni solamente dalla morte già si pensa di vendere, a Mentana, Villa Federico Zeri». Lancia l’allarme Salvatore Vicario, medico, scrittore e intimo amico del grande studioso, colui che il 5 ottobre 1998 gli chiuse gli occhi per sempre. Con lascito testamentario Federico Zeri affidò all’Università di Bologna la villa alle porte di Roma, disegnata nel 1963 da Andrea Busiri Vici, con i suoi dieci ettari di terreno, tre casali, la collezione epigrafica, la fototeca (oltre 290mila immagini, un corpus unico al mondo) e la biblioteca (circa 50mila libri e 40mila cataloghi d’asta). 

La Fondazione Zeri istituita nel 1999 nasce ufficialmente nel 2000. Negli anni successivi prima la fototeca, poi la biblioteca vengono spostate a Bologna, mentre la villa di Mentana resta abbandonata a se stessa, tra mille polemiche. Nel 2002 l’ex rettore dell’ateneo bolognese Fabio Roversi-Monaco si dimette dal Collegio dei fondatori di quella stessa fondazione di cui era stato uno dei principali artefici: «Federico Zeri, scrive allora, aveva fiducia nell’Università di Bologna e in me e sia l’Istituzione che io demmo ufficialmente al maestro tutte le garanzie che in Mentana sarebbe nato, nel ricordo di Zeri, un Centro di studi e di cultura di alto livello. (…) In quasi due anni non è stato fatto niente per Federico Zeri e niente per la città di Mentana e comunque per quel territorio a lui caro. Eppure questo era l’impegno prioritario. Ciò significa che l’Istituzione viene meno alla parola data e agli impegni assunti». 

La Fondazione e l’Ateneo si sono sempre difesi sostenendo, come fece a suo tempo sulle colonne del nostro giornale Anna Ottani Cavina, allora direttrice della Fondazione, che «con il testamento Zeri ha smantellato e disperso il patrimonio che era contenuto nella sua villa: arazzi, reperti archeologici, collezioni d’arte, sculture e lettere private. Se avesse voluto che quel luogo diventasse un centro di ricerca, avrebbe lasciato la sua casa-museo completa di tutto, io credo» (cfr. n. 257, set. ’06, p. 14). In punta di diritto l’Ateneo, che ne è il proprietario, può fare della villa ciò che vuole. Zeri, che redasse il testamento soltanto una settimana prima di morire, non scrisse nulla di esplicito a riguardo. Ma da riferimenti, carteggi e ricordi di studiosi e amici, sono sempre stati in molti a sostenere che la volontà del maestro fosse quella di creare a Mentana un centro di alta specializzazione in storia dell’arte: a partire proprio da Roversi-Monaco, a cui Zeri aveva affidato il lascito prima di morire, scartando altre ipotesi. È pur vero che, come spiegò la Ottani Cavina, c’è un problema di fruibilità: «Un luogo di consultazione per studiosi che arrivano da tutto il mondo deve essere facilmente accessibile. Mentana è a più di un’ora da Roma, a cui è mal collegata tramite autobus». Ma da qui all'abbandono c'è una bella differenza. Di fatto solo dal 2004 al 2010 la villa è stata teatro di corsi estivi di formazione specialistica, poi più niente. Ci si chiede se non sia possibile rilanciarla attingendo magari a fondi europei, a fondi Cipe, appoggiandosi a una fondazione bancaria o accordandosi col Fai. 

La vendita è confermata? E le modalità quali sono? Dalla Fondazione, il direttore Andrea Bacchi ci ha risposto soltanto che «riguardo a Villa Zeri al momento non ho novità da comunicare». Per poi precisare: «L’estate scorsa il consiglio di amministrazione di ateneo ha inserito tra le proposte di immobili in dismissione anche la villa di Federico Zeri. Parallelamente però il rettore, in qualità di presidente della Fondazione, ha voluto impegnarsi personalmente per ricercare la possibilità di mantenere in proprietà dell’Università la villa, rendendola viva. A questo scopo ha coinvolto il neoeletto sindaco di Mentana, il quale a sua volta sta sensibilizzando una serie di realtà locali per trovare delle possibili strategie di manutenzione e valorizzazione di tutto il complesso». Intanto però, riferisce Salvatore Vicario, «di quella fucina di conoscenza a Mentana ormai resta, osso spolpato, solo l’immobile e i dieci ettari circa di terreno che lo circondano: fabbrica quasi fatiscente, roseto scarnificato, bosco divenuto selva, uliveto e vigneto preda dei cinghiali. E tuttavia di quel superbo apparato rimane ancora un’opera eccelsa, il lapidario Zeri». Una collezione, pare ancora in perfette condizioni, notificata e pubblicata, che lo storico dell’archeologia Antonio Giuliano definì «una delle più importanti gallerie epigrafiche del mondo». Che fine farà?
 

Federico Castelli Gattinara, 06 febbraio 2017 | © Riproduzione riservata

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