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Redazione GdA
Leggi i suoi articoliUn frammento di sole viaggerà da Londra a Philadelphia nel 2026. La National Gallery ha concesso in prestito il suo capolavoro, I Girasoli (1888), al Philadelphia Art Museum, dove dal 6 giugno all’11 ottobre 2026 si terrà la mostra Van Gogh’s Sunflowers: A Symphony in Blue and Yellow. L’esposizione riunirà due delle tele più celebri dell’artista olandese – quella con sfondo giallo custodita a Londra e la versione con fondo turchese conservata a Philadelphia – per la prima volta insieme sul suolo americano. Il progetto, ancora non ufficialmente annunciato, è stato confermato da fonti museali e segna uno degli eventi più attesi del calendario espositivo 2026. Ma è anche, e forse soprattutto, un caso emblematico di diplomazia culturale: un raro gesto di fiducia tra due istituzioni di primo piano, in un contesto di crescente cautela nei prestiti internazionali di opere d’arte.
La National Gallery non concede facilmente in prestito i propri Girasoli. Da quando il dipinto è entrato nella collezione londinese nel 1924, è uscito solo quattro volte dal Regno Unito. L’accordo con Philadelphia arriva come riconoscimento reciproco: nel 2024, infatti, il museo americano aveva prestato la propria versione alla mostra londinese Van Gogh: Poets & Lovers, dove le due tele erano state esposte insieme per la prima volta dopo decenni, accanto a La Berceuse (1889, Museum of Fine Arts, Boston), secondo il progetto originario dell’artista per un trittico ideale. Il nuovo scambio conferma una tendenza crescente: i prestiti tra musei vengono negoziati come atti di fiducia politica e gestionale, spesso legati a precedenti collaborazioni, più che a mere esigenze espositive. “Ogni prestito di quest’entità – spiegano fonti interne – implica mesi di analisi di rischio, condizioni climatiche, trasporto e coperture assicurative che possono superare i dieci milioni di dollari.”
Il ritorno dei Girasoli in dialogo diretto è un evento che va oltre la cronaca museale. È una rievocazione del mito di Van Gogh, ma anche una riflessione sulle politiche culturali contemporanee. Nel 2024, la mostra londinese aveva messo in evidenza come Van Gogh intendesse i Girasoli come una “sinfonia in blu e giallo”, secondo una celebre lettera al fratello Theo del 1888. L’esposizione di Philadelphia riprende quella visione, ma ne sposta il baricentro: dalle sperimentazioni cromatiche dell’artista alla diplomazia delle istituzioni che ne custodiscono l’eredità. In un momento in cui i grandi musei europei rivedono le proprie politiche di circolazione delle opere – tra rischi climatici, questioni assicurative e crescenti richieste di restituzione culturale – la concessione del Girasoli londinese appare come un atto di fiducia controllata, una dimostrazione che la cooperazione internazionale nell’arte non è impossibile, ma va gestita con rigore e sensibilità politica. Con la sua nuova identità – il museo ha infatti cambiato nome in Philadelphia Art Museum lo scorso ottobre, abbandonando la denominazione “Museum of Art” – l’istituzione americana punta a ridefinire il proprio ruolo nel panorama internazionale, anche attraverso collaborazioni di alto profilo come questa.
La storia recente dei musei mostra come la diplomazia culturale sia diventata uno strumento di soft power tanto importante quanto la politica estera tradizionale. Dal prestito del David di Donatello a Tokyo alla recente restituzione temporanea dei marmi del Partenone tra Atene e Palermo, ogni movimento di un capolavoro diventa un messaggio politico. In questo senso, la collaborazione tra Londra e Philadelphia rappresenta un modello di equilibrio tra tutela e apertura. La fiducia reciproca, basata su scambi bilaterali e su un approccio scientifico condiviso, potrebbe fare scuola in un momento in cui molte istituzioni tendono a chiudersi per timore di rischi o pressioni politiche. Quando le due tele dei Girasoli torneranno a “parlarsi” a Philadelphia, il pubblico non assisterà solo a un dialogo pittorico tra blu e giallo, ma anche a un dialogo istituzionale tra Europa e America, tra due visioni di museo – quella anglosassone e quella statunitense – che, nonostante le differenze di governance e finanziamento, condividono una stessa idea di responsabilità culturale globale. Come scriveva Van Gogh ad agosto del 1888, sperando che i suoi Girasoli fossero “una sinfonia in blu e giallo”, anche la loro riunione a Philadelphia sarà una sinfonia di cooperazione, fragile ma luminosa: la dimostrazione che, persino nell’arte, il colore più raro resta la fiducia.
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