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Alexander Morrison
Leggi i suoi articoliUn’impronta di mano risalente a circa 4mila anni fa è stata scoperta su un manufatto dell’Antico Egitto conservato al Fitzwilliam Museum di Cambridge, in Gran Bretagna. I ricercatori, impegnati nell’allestimento della prossima mostra del museo «Made in Ancient Egypt» (dal 3 ottobre al 12 aprile 2026), hanno individuato la traccia alla base di una «casa dell’anima», un modellino in argilla che riproduce un edificio.
Le «case dell’anima» risalgono al Primo Periodo Intermedio e al Medio Regno dell’Egitto (circa 2055 a.C.-1650 a.C.) e si trovano spesso nei siti funerari. Si ritiene che servissero come luogo per lasciare offerte alimentari (come pane o teste di bue) oppure come rifugi simbolici per l’anima del defunto.
Helen Strudwick, curatrice di «Made in Ancient Egypt» e affermata egittologa del Fitzwilliam Museum, spiega: «Molto è stato scritto su queste strutture, se rappresentino la casa terrena del defunto o una forma di tomba. Le “case dell’anima” venivano collocate direttamente sopra il pozzo sepolcrale, il che suggerisce fortemente che costituissero un’alternativa alle cappelle funerarie, per chi non poteva permettersi qualcosa di più elaborato. Ma credo ci sia anche un legame con l’idea che i defunti potessero tornare simbolicamente nelle proprie abitazioni».
L’esemplare conservato nel museo di Cambridge, proveniente dal sito di Deir Rifa, a circa 280 chilometri a nord di Luxor, rappresenta un edificio a due piani con colonne e scale laterali. È stato realizzato a mano con grande cura: il restauro ha rivelato l’uso di bastoncini di legno come impalcatura interna, poi ricoperta di argilla. Le scale sono state modellate pizzicando il materiale ancora umido. Una volta cotto, il legno bruciava, lasciando la struttura in terracotta. L’impronta di mano è probabilmente comparsa quando l’oggetto è stato spostato all’esterno per l’asciugatura. È stata individuata, racconta Strudwick, quando i restauratori del museo hanno osservato l’opera sotto luci diverse. «Spesso non si osservano le parti inferiori degli oggetti, quindi quell’impronta non l’avevamo mai notata prima, finché non ce l’ha segnalata Julie Dawson, la nostra restauratrice più esperta (e cocuratrice della precedente mostra egizia del 2016)».
Secondo Strudwick, si tratta di una scoperta significativa nel campo degli studi sull’Antico Egitto. «In passato abbiamo notato tracce di impronte digitali su vernici fresche o su decorazioni di sarcofagi, ma trovare un’impronta completa sotto una “casa dell’anima” è raro ed emozionante. È stata lasciata dall’artigiano che ha toccato l’oggetto prima che l’argilla si asciugasse. Non avevo mai visto nulla di simile su un oggetto egizio. È facile immaginare chi l’ha realizzato mentre lo solleva per portarlo fuori dal laboratorio a essiccare prima della cottura». E aggiunge: «Sarebbe interessante verificare se anche altre “case dell’anima” nascondano impronte simili. Abbiamo un altro esemplare dallo stesso sito nella nostra collezione, lo esamineremo presto».
Gli artigiani erano figure centrali nella società egizia, decoravano le tombe e creavano manufatti che, ancora oggi, affascinano il mondo. Gli scavi in luoghi cruciali come Deir el-Medina (un villaggio di lavoratori vicino alla Valle dei Re, a Luxor) hanno rivelato dettagli preziosi sulla vita quotidiana e l’organizzazione del lavoro degli artigiani. Nel 2021, sempre in quell’area, è stata riportata alla luce la cosiddetta «città d’oro perduta», un complesso di mattoni crudi ricco di utensili, anfore e oggetti d’uso comune. La mostra «Made in Ancient Egypt» intende offrire un nuovo sguardo su queste professioni e sulle loro straordinarie opere, riunendo oggetti che vanno dagli ostraka (frammenti ceramici o litici usati per annotare messaggi, spesso di tono umoristico) fino a sarcofagi finemente decorati e manufatti in vetro.

Una veduta frontale della «casa dell’anima» conservata al Fitzwilliam Museum di Cambridge. Courtesy of Fitzwilliam Museum
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