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Redazione
Leggi i suoi articoliRiproduciamo il testo del documento di denuncia pubblicato il 21 novembre da Italia Nostra Ravenna e dall’associazione «Salviamo i pini di Lido di Savio e Ravenna», in cui, tra l’altro, si annuncia l’invio alla Soprintendenza e alla Diocesi di una diffida all’abbattimento degli esemplari «prima che sia stato adempiuto l’obbligo di trasparenza e di condivisione dei risultati con la cittadinanza […] e prima che ne siano stati analizzati […] i contenuti da esperti di chiara fama per conto di cittadini e associazioni».
Invano cittadini ed associazioni hanno atteso di ricevere notizie sul destino dei 12 maestosi e monumentali pini domestici che da almeno 80 anni caratterizzano uno dei siti più preziosi al mondo: il Mausoleo di Galla Placidia. La Soprintendenza non ha risposto nonostante i solleciti, ma nella giornata di giovedì 20 novembre è apparso un cartello a sua firma che preannuncia abbattimenti imminenti. Tra l’altro, con stupore si apprende che la più antica Soprintendenza d’Italia non conosce nemmeno il simbolo di Ravenna, di Roma e dell’Italia intera! Nell’avviso, infatti, parla di «pini marittimi», quando invece anche i più sprovveduti sanno che si tratta di pini domestici, o italici, simbolo del (fu) Bel Paese.
La sconcertante vicenda inizia presumibilmente mesi fa, quando un architetto milanese in visita nella nostra città, decide di lanciare una crociata contro i pini di San Vitale e Galla Placidia, inviando comunicazioni a destra e a manca per ottenere che vengano eliminati. I pini che collegano visivamente la Basilica col Mausoleo, nel numero simbolico di 12, costituiscono un contesto straordinario tra i più ammirati al mondo, e sono ovviamente tutelati per legge come il preziosissimo ambito monumentale a cui appartengono. Un simbolo di Ravenna, d’Italia, della Cristianità e del mondo intero. La loro distruzione, dunque, non può avvenire senza tutte le più attente e approfondite valutazioni, tese ovviamente a tutelare per primo il Mausoleo paleocristiano, ma in secondo luogo anche il filare alberato, arrivando alla rimozione solo dopo aver percorso tutte le alternative possibili, compresa quella del ripristino in caso di albero irrecuperabile.
Una decisione, quella di fare piazza pulita, che sfigurerà per sempre un tesoro di Ravenna e che, per la sua gravità, va assolutamente condivisa con la cittadinanza e con i massimi esperti, eventualmente con più prove e valutazioni mirate. E invece…. Il gruppo «Salviamo i pini di Lido di Savio e Ravenna» ed Italia Nostra sezione di Ravenna si sono subito attivati mesi fa, sia organizzando un sopralluogo con uno dei massimi esperti italiani, che ha trovato visivamente i pini in buona salute, sia chiedendo di capire che cosa si stava preparando per il filare, tramite un accesso atti. Pare infatti che, a seguito dell’allarme terrorizzato del turista, fossero stati effettuati sopralluoghi di agronomi. Nessuna risposta.
Dopo un sollecito e diversi mesi trascorsi, risponde la Soprintendenza, comunicando di aver informato della richiesta atti il soggetto controinteressato, ovvero la Diocesi. Soggetto che, a questo punto, potrebbe essersi opposto alla richiesta di trasparenza. Passano i mesi e nulla viene più comunicato, tantomeno gli atti e i risultati di eventuali prove effettuate. Ricordiamo, tra l’altro, che le prove a trazione che vengono nominate nell’avviso apparso giovedì, non sono la prova «definitiva» per condannare gli alberi, sempre che ci sia la volontà di salvarli, e vanno anch’esse analizzate a fondo e confrontate, come capitato per casi analoghi anche di recente. Un episodio di opacità intollerabile, tanto più grave perché riguarda un patrimonio universale della collettività non solo ravennate. Chi siamo per distruggere ciò che ci è stato tramandato, togliendolo al godimento delle future generazioni?
Finché piomba il blitz. Alberi che dopo 80 anni diventano probabilmente tutti malatissimi e sul punto di crollare insieme, ma arriva il provvidenziale turista. I cittadini hanno inviato un accesso atti urgentissimo e lanciano un appello al sindaco di Ravenna affinché si attivi presso Diocesi e Soprintendenza per scongiurare un danno irreparabile ad un patrimonio storico unico della nostra città che rischia di andare distrutto senza nemmeno sapere perché.
È stata inviata alla Soprintendenza e alla Diocesi diffida all’abbattimento degli esemplari prima che sia stato adempiuto l’obbligo di trasparenza e di condivisione dei risultati con la cittadinanza – vista l’importanza del sito – e prima che ne siano stati analizzati – in tempi celeri – i contenuti da esperti di chiara fama per conto di cittadini e associazioni.
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