Image

Il mazzo creato su volere della Monuments Men Foundation for the Preservation of Art

Image

Il mazzo creato su volere della Monuments Men Foundation for the Preservation of Art

Un mazzo di carte con la «Most Wanted Art»

Anna Bottinelli, presidente della Monuments Men and Women Foundation, illustra le carte da gioco con le opere disperse durante la seconda guerra mondiale

Maria Sancho Arrojo

Leggi i suoi articoli

I Monuments Men and Women erano un gruppo di circa 345 uomini e donne provenienti da 14 Nazioni, la maggior parte dei quali si era arruolata volontariamente nella neonata Sezione Monumenti, Belle Arti e Archivi (Mfaa) dell’esercito alleato durante la seconda guerra mondiale.

Molti avevano esperienza come direttori di musei, curatori, storici dell’arte, artisti, architetti, bibliotecari ed educatori. Il loro compito era tutto tranne che semplice: proteggere i tesori culturali che la guerra minacciava.

Fu il primo esempio di un esercito che, combattendo una guerra, cercò al tempo stesso di mitigare i danni al patrimonio culturale. Creata nel 2007, la Monuments Men Foundation for the Preservation of Art che dal 6 giugno ha cambiato nome in Monuments Men and Women Foundation, è un’organizzazione senza scopo di lucro per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale sul servizio dei Monuments Men e delle Monuments Women, onorarli per i loro successi e completare la loro missione di restituire ai legittimi proprietari le centinaia di migliaia di opere d’arte ancora disperse.

Per molti anni il loro lavoro eroico e senza precedenti per la difesa e salvaguardia dei tesori artistici e culturali più importanti dell’Europa era stato dimenticato, finché Robert M. Edsel ha cominciato a scriverne nei suoi libri presto diventati dei best-seller. Il suo secondo libro Monuments Men, storicamente accurato, tuttavia attraente per Hollywood, è confluito nell’omonimo film diretto da George Clooney, che ne ha reso famosa la storia.

«I primi due grandi obiettivi della Fondazione erano quelli di onorare questi uomini e donne e farne conoscere la storia al mondo», dichiara Anna Bottinelli, storica dell’arte, nata a Firenze e attuale presidente della Monuments Men and Women Foundation. «Ora che entrambi questi obiettivi sono stati raggiunti, la Fondazione prosegue l’opera dei Monuments Men e Women rintracciando le opere d’arte e altri oggetti culturali ancora dispersi».

La Fondazione è convinta che il modo più efficace per rintracciare le opere perdute non sia andarle a cercare individualmente, ma far sì che le opere arrivino da loro. «Ce ne sono troppe disperse e pochi indizi per rintracciarle, invece sensibilizzando il pubblico e creando pubblicità, le persone che attualmente ne sono in possesso possono farsi vive».

Molte opere sono ancora nelle famiglie il cui nonno o bisnonno se le era portate con sé dopo la guerra, spesso senza conoscerne il valore o l’origine. La Fondazione dedica molto tempo a individuare la provenienza di opere che le vengono segnalate e ad oggi oltre 30 oggetti sono stati restituiti. Nel contempo occorre pubblicizzare le opere ancora perdute: in quest’ottica sono state concepite anche altre iniziative oltre al film di Clooney, come il documentario «Caccia ai tesori di Hitler», distribuito in Italia da Focus.

L’iniziativa più recente è un mazzo di carte da gioco con la «most wanted art», cioè le opere ancora mancanti dalla fine della seconda guerra mondiale. Un progetto iniziato nel 2018 e portato avanti durante la pandemia. Ogni mazzo contiene 52 carte più due jolly. Il criterio principale adottato nella scelta delle 54 opere da illustrare fra le migliaia disperse, è stato di non includere opere notoriamente distrutte.

«Il mazzo è una grande opportunità da non sprecare con opere d’arte di cui abbiamo la certezza che siano andate perse durante il conflitto», spiega Bottinelli. Nella scelta la Fondazione ha voluto includere opere da tutte le nazioni che hanno subito spoliazioni e furti: Olanda, Polonia, Germania e certamente anche l’Italia dove i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale con cui la Fondazione lavora strettamente possiedono una banca dati con le opere italiane perse, circa 3mila.

Di queste, 5 sono state scelte per il mazzo. L’Italia, infatti, insieme alla Gemäldegalerie di Berlino, ha la rappresentanza più alta di opere nel mazzo. I giochi di carte sono molto popolari negli Stati Uniti e la Fondazione ha già venduto migliaia di mazzi. Le carte da gioco personalizzate hanno una ricca storia nell’esercito degli Stati Uniti, essendo state utilizzate durante la guerra civile, la seconda guerra mondiale e, più recentemente, la guerra in Iraq, per dare visibilità a qualche particolare missione.

Per esempio, durante l’invasione dell’Iraq nel 2003 fu creato un mazzo raffigurante i membri più ricercati del Governo di Saddam Hussein. Stampando le opere d’arte sparite, si ritiene che una maggiore visibilità incentiverà coloro che possiedono tali oggetti a contattare la Fondazione per restituirli ai legittimi proprietari.

Allo stesso tempo, la Fondazione offre una ricompensa fino a 25mila dollari per informazioni che portino al recupero di ogni oggetto culturale incluso nel mazzo di carte. Ogni carta presenta l’immagine dell’opera, il titolo, l’artista, le dimensioni, il nome del proprietario originale e un breve riassunto delle circostanze in cui è sparita.

Interessante notare la differenza tra le opere stampate in bianco e nero, che sono immagini prima del 1945, quando la fotografia a colori era ancora rara, e quelle a colori di opere riemerse sul mercato dagli anni ’80 in poi, ma di cui non si conosce la localizzazione precisa.

Le carte si possono acquistare sul sito della Fondazione (un mazzo costa 14,95 dollari, Ndr), presso alcuni musei americani e presto anche europei, e si possono vedere tutte anche sulla pagina Instagram della Fondazione.
 

Il mazzo creato su volere della Monuments Men Foundation for the Preservation of Art

Maria Sancho Arrojo, 08 agosto 2022 | © Riproduzione riservata

Articoli precedenti

La Smithsonian adotta nuove linee guida basate su considerazioni etiche per il rimpatrio di oggetti d’arte, dopo aver già annunciato di voler restituire la «maggior parte» dei 39 bronzi del Benin che possiede

Un mazzo di carte con la «Most Wanted Art» | Maria Sancho Arrojo

Un mazzo di carte con la «Most Wanted Art» | Maria Sancho Arrojo