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Una mostra intelligente e singolare, come sanno esserlo quelle della Galleria dell’Incisione di Brescia: il progetto «Scrittrici ritratte» riunisce, dal 14 dicembre al 15 febbraio, illustrazioni, fotografie e disegni che ritraggono o evocano poeticamente numerose scrittrici del XX secolo e del nostro tempo, con l’eccezione di Mary Shelley (1797-1851, filosofa e scrittrice, moglie del poeta Percy Bysshe Shelley e autrice del romanzo «gotico» e fantascientifico Frankenstein), cui in mostra rendono omaggio tanto Armida Gandini quanto Franco Matticchio.
Pia Valentinis, «Clarice Lispector». Courtesy of Galleria dell’Incisione
Ghitta Carrell, «Margherita Sarfatti». Courtesy of Galleria dell’Incisione
Con Mary Shelley, in mostra ci s’imbatte in Virginia Woolf, protagonista sia di un’immagine del ciclo «English Rose» di Armida Gandini, in cui un riconoscibilissimo frammento del suo volto s’inscrive nel profilo di un fiore di magnolia, sia di alcuni ritratti su carta di Franco Matticchio, mentre a Mara Cerri, disegnatrice di grande valore, si deve l’efficace ritratto di Anna Maria Ortese. Impagabili per penetrazione psicologica e per felicità di tratto sono, come sempre, i ritratti su carta di Tullio Pericoli, che qui, in anni diversi, ritrae Wislawa Szymborska, Nadine Gordimer, con una grande sciarpa colorata, e Susan Sontag, mentre a Paola Agosti si devono i ritratti fotografici di Dacia Maraini con il suo cagnolone, di Marguerite Yourcenar, Gina Lagorio e Natalia Ginzburg (lei ritratta anche, con grande sensibilità, da Guido Scarabottolo, il celebre grafico e illustratore cui si devono, in mostra, anche i volti di Arundhati Roy, Anita Nair, Goliarda Sapienza e Alda Merini). Alla grande fotografa e ritrattista Ghitta Carell, che a Roma, dagli anni ’30, fu la fotografa dei Savoia, dei papi Pio XII e Giovanni XXIII e, inevitabilmente di Mussolini (che non la perseguitò con le leggi razziali ma la «cancellò», tanto che si trasferirà ad Haifa, dove morirà) si deve invece il ritratto in mostra di Margerita Sarfatti che, da intellettuale di riferimento del Duce (di cui era anche l’amante) per le arti visive, dopo aver salvato il regime dal rischio di ridursi, come il nazismo, a perseguitare l’arte d’avanguardia, dopo le leggi razziali dovrà riparare anche lei all’estero.
Bellissimi i volti, fusi con rami d’ulivo, di Simone Weil disegnati da Pia Valentinis, al pari di quelli della scrittrice e giornalista ucraina di nascita ma poi brasiliana Clarice Lispector, che nel 1944 visse in Italia, frequentando Ungaretti e De Chirico. Insomma, un piccolo, affettuoso Pantheon della letteratura femminile vista attraverso gli occhi di artisti e artiste che con le protagoniste dei loro lavori condividono una lettura del mondo lucida, introspettiva e poetica al tempo stesso.
Mara Cerri, «Anna Maria Ortese». Courtesy of Galleria dell’Incisione
Armida Gandini, «Virginia Woolf». Courtesy of Galleria dell’Incisione