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Giacomo Balla: Pessimismo e ottimismo, 1923, olio su tela, cm 114,5 x 175,5. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea

© Giacomo Balla, by SIAE 2025

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Giacomo Balla: Pessimismo e ottimismo, 1923, olio su tela, cm 114,5 x 175,5. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea

© Giacomo Balla, by SIAE 2025

Tutti i Balla della GNAMC di Roma a Parma

Il percorso di oltre 60 opere, mai esposte prima tutte insieme, si snoderà in 13 sale, seguendo un ordine tematico e cronologico

«Giacomo Balla, un universo di luce. La collezione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea», dal 10 ottobre al primo febbraio 2026 riunirà per la prima volta, fuori dalla sede romana di appartenenza, nelle sale del Palazzo del Governatore di Parma, tutti i lavori e capolavori del grande artista custoditi nel museo della capitale. È l’ingente prestito (oltre 60 opere) della più completa collezione pubblica del percorso di ricerca di Giacomo Balla (1871-1958), mai esposta in precedenza nella sua interezza.

La mostra, realizzata e co-organizzata dal Comune di Parma e dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, che presenterà al pubblico anche gli esiti di studi e di approfondimenti recenti sulla sorprendente collezione, è a cura di Cesare Biasini Selvaggi e Renata Cristina Mazzantini con la collaborazione di Elena Gigli, il contributo di Fondazione Cariparma e della Regione Emilia-Romagna e la collaborazione di Solares Fondazione delle Arti.

L’esposizione poggia in particolare sul consistente e rappresentativo nucleo di opere provenienti dalla generosa donazione delle figlie dell’artista, Elica e Luce Balla, con l’integrazione di dipinti e disegni selezionati, su indicazione della stessa Luce Balla, da Maurizio Fagiolo dell’Arco (1939-2002), grande studioso dell’artista, con la collaborazione di Elena Gigli.

L’allestimento parmense si snoderà in 13 sale, seguendo un ordine tematico e cronologico, in un’esposizione che ripercorrerà tutta la produzione di un genio autodidatta, sempre fedele alla sua vocazione sperimentale. Arricchita da apparati fotografici, biografici e storici provenienti dall’Archivio Gigli, la mostra ripercorre la fase del realismo sociale e divisionista, attraverso la stagione dell’avanguardia radicale futurista (Balla firma con Marinetti e altri, tra cui Boccioni, Carrà e Russolo, i manifesti che definivano gli aspetti teorici del movimento), per approdare dopo il 1930 a un’inedita e pionieristica figurazione.

Apre il percorso «Nello specchio» (1901-02), dove sono rappresentati l’amico scultore Giovanni Prini con la moglie, lo scrittore Max Vanzi e lo stesso Balla. Al cospetto di questo dipinto Giacomo Puccini esclamò: «Questa è la mia “Bohème”, la voglio ad ogni costo!». Benché lusingato, Balla preferì, rimettendoci, che il quadro fosse acquistato dallo Stato italiano che lo destinò alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.

Tra i nuclei più significativi riservati al pubblico si colloca il ciclo intitolato «Dei viventi». Delle 15 opere dipinte dall’artista rivelate nel 1968 da Maurizio Fagiolo dell’Arco grazie a un appunto di Balla, sono giunte fino a noi solo quattro tele incentrate sugli ultimi e gli emarginati della nuova società del progresso di inizio Novecento, interesse riconducibile anche alle ricerche dell’antropologo e criminologo Cesare Lombroso, con il quale Balla entrò in contatto nel periodo torinese.

Il percorso rivolge anche attenzione all’affascinante rapporto che lega i disegni preparatori dell’artista ai dipinti: un aspetto fondamentale della sua produzione. Ne offre una potente testimonianza lo studio per «Fallimento» del 1902 ca, che Enrico Crispolti individuò come sorprendente precursore, in particolare, delle litografie dei muri parigini del 1945 di Jean Dubuffet. Tra i bozzetti di capolavori chiave del periodo futurista, si colloca uno dei due studi de «I ritmi dell’archetto» (lavoro conosciuto anche come «Le mani del violinista») eseguiti nell’inverno del 1912 a Düsseldorf, dove Balla si era recato per decorare la sala da pranzo nella casa della sua ex allieva, Grethel Löwenstein.

Le sezioni conclusive della mostra sono dedicate all’ultima produzione figurativa dell’artista, ancora poco nota al grande pubblico, di cui sono stati avviati studi solo in tempi recenti (soprattutto da Fabio Benzi), che attinge all’immaginario della fotografia di moda e di attualità, nonché a quello cinematografico, tanto quanto alla fascinazione per quell’energia universale che innerva la natura osservata nei parchi e nei giardini di Roma. Tra le opere che mettono in evidenza queste inclinazioni, spicca l’olio intitolato sul retro della tavola «La fila per l’agnello (detto a Roma abacchio)», dipinto nell’inverno del 1942. Un’originale prospettiva di “ripresa” offre una visione soggettiva attraverso la finestra del palazzo di Balla che si affaccia su via Montello, sulle lunghe file di persone intente a cercare di procurarsi il cibo che ormai scarseggia nella capitale nel cuore della Seconda guerra mondiale.

Gaspare Melchiorri, 05 settembre 2025 | © Riproduzione riservata

Tutti i Balla della GNAMC di Roma a Parma | Gaspare Melchiorri

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