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Visitatori nello stand della galleria parigina Jousse in una delle scorse edizioni di Tefaf. Foto Loraine Bodewes

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Visitatori nello stand della galleria parigina Jousse in una delle scorse edizioni di Tefaf. Foto Loraine Bodewes

Tefaf Maastricht: dall’Italia via Londra

Le pièce de résistance dei 7 angloitaliani

Giovanni Pellinghelli del Monticello

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Sette presenze italo-londinesi spiccano a Maastricht: art dealer italiani di respiro e qualità internazionali con sede anche a Londra, da anni tornata a essere cuore e riferimento del mercato dell’arte.

Fra gli Old Masters, Cesare Lampronti presenta un grande olio su tavola (127x89 cm) del Cavalier d’Arpino, un’insolita rappresentazione della dea Fortuna, sostenuta da due tritoni anziché sorvolante la sfera del mondo come nell’iconografia convenzionale. Qui la rappresentazione della dea Fortuna riprende un’elaborazione già tentata dall’artista in giovinezza nel disegno di «Ninfa nuda sotto la luna», nella collezione dei conti di Leicester a Holkham Hall.

Robilant & Voena propone invece un riscoperta: la natura morta (73,5x144 cm) con uva, fichi, mele e melograni e a destra la danzante presenza di tre putti ammiccanti che sorreggono altri canestri e vasi di frutta e fiori. L’opera reca sul retro l’iscrizione settecentesca del nome di Michelangelo Pace: erronea, poiché studi odierni conducono invece senza dubbi al Maestro della Natura Morta Acquavella, identificato con Bartolomeo Cavarozzi, con realizzazione nella prima metà del XVII secolo nel circolo del marchese Giovanni Battista Crescenzi.

Pièce-de-resistance di Benappi, a celebrare il quarto anniversario della morte dell’artista, è un olio su rame di Ludovico Carracci, notturna «Adorazione dei Pastori», del 1585 ca. Di straordinaria conservazione, quest’opera giovanile di Carracci (attribuita e datata da Alessandro Brogi su «Prospettiva», n. 67, in uscita) conferma il definitivo affrancamento del giovane Ludovico dai modi della Maniera ormai al tramonto.

Luca Burzio presenta un «Ritratto di Bonzanigo» con cornice intagliata e scolpita (1786-90; 62,7x59 cm) fino all’anno scorso noto solo tramite fotografie ottocentesche. Si tratta di uno dei più significativi oggetti usciti dalla bottega dello scultore piemontese (1745-1820). Il ritratto, di cui è stata ricostruita la storia, è accompagnato da uno studio di Arabella Cifani e Franco Monetti  che anticipa un volume su  Bonzanigo e la sua scuola.

Per l’arte contemporanea, invece, Cardi presenta un lavoro di Giuseppe Penone: «Cocci», creato nel 1982 per la Salvatore Ala Gallery di New York. Penone presenta qui elementi in gesso uniti a frammenti di ceramiche antiche (da cui il titolo): una giustapposizione che, nei canoni della sua poetica, esplora tatto, esperienza e interazione fra umanità, natura e materia.

Mazzoleni, per la sua seconda partecipazione al Tefaf punta su un lavoro del 1956 di Lucio Fontana, «Concetto Spaziale», opera tipica del work in progress di Fontana negli anni Cinquanta: buchi, olio, frammenti di vetro sono presenti sulla superficie rossa, a già anticipare di due anni l’arrivo ai celebri «Tagli».

Infine Cortesi Gallery espone un lavoro ponderoso (alto quasi 2 metri) di Heinz Mack. Sperimentazione su luce, tridimensionalità e fenomeni ottici sono tipici di Mack e l’opera «Erzengel Michael und Gabriel» (1972, già collezione Burda) crea un gioco di luci e ombre innescato dall’interazione dello spettatore con l’ala d’acciaio che, avvolta in filigrana d’alluminio tessuta a nido d’ape all’interno di una teca in vetro acrilico, a sua volta sollevata su plinto, si staglia nel contesto luminoso.

Visitatori nello stand della galleria parigina Jousse in una delle scorse edizioni di Tefaf. Foto Loraine Bodewes

Giovanni Pellinghelli del Monticello, 15 marzo 2019 | © Riproduzione riservata

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