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Svolazzatori e fleximofoni

Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Che sarà mai uno «Svolazzatore Cromocangiante»? Un «Fleximofono»? Pare di essere tornati alle invenzioni provocatorie e geniali dei futuristi, all’«Intonarumori» di Russolo o alle sculture di sola luce teorizzate da Boccioni nel «Manifesto della scultura futurista».

Piero Fogliati, «Svolazzatore Cromocangiante». Foto Bruno BaniCi troviamo invece nella mostra «L’immagine della rêverie», che Osart Gallery dedica fino al 28 febbraio a Piero Fogliati (Torino, 1930), autentico maestro nel saper trarre da «frammenti di tecnologia elementari», come lui li definisce, macchine ingegnose capaci di generare suoni e luci stupefacenti, ironici e poetici a un tempo.

Osart Gallery espone in questa mostra lavori realizzati tra il 1967 e il 1970, procedendo nella sua ricognizione dell’arte italiana degli anni Sessanta e Settanta, periodo che si rivela sempre più come una miniera di realtà affascinanti e troppo a lungo trascurate.

Così lo «Svolazzatore Cromocangiante», che quando è spento si presenta come un cilindro nero da cui si alza una piccola elica bianca, una volta acceso diventa una realtà quasi viva, come un volo di farfalle dai colori mutevoli e luminosi. Insieme sono in mostra altre sculture-installazioni ugualmente sorprendenti, con «Forme di buio», «Euritmia Evoluente», «Pittura mobile». Tutti lavori fragili e artigianali che Fogliati definisce «abiti appoggiati sugli oggetti della scienza».

Ada Masoero, 12 gennaio 2015 | © Riproduzione riservata

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Svolazzatori e fleximofoni | Ada Masoero

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