Francesco Bandarin
Leggi i suoi articoliSituato a circa 50 chilometri da Città del Capo, Stellenbosch è il più interessante e il meglio conservato tra gli insediamenti olandesi nella regione del Capo di Buona Speranza. Gli olandesi giunsero nella regione nel corso del XVII secolo, con l’obiettivo di espandere le attività di quello che era destinato a diventare il prototipo dell’impresa capitalista e, per oltre due secoli, della più grande società commerciale del mondo: la Voc (Vereenigde Oost-Indische Compagnie, la Compagnia Olandese delle Indie Orientali). All’inizio, gli olandesi non cercavano di conquistare un impero terrestre, ma volevano piuttosto creare degli empori commerciali e degli scali di rifornimento per le flotte che dall’Olanda si spingevano fino all’India, all’Indonesia, alla Cina e al Giappone.
Nella regione del Capo erano già arrivati i portoghesi due secoli prima, grazie alle spedizioni di Bartolomeu Dias (1450-1500) e Vasco da Gama (1469-1524) che avevano scoperto la rotta delle Indie prima di tutti gli altri Stati europei. Dopo due secoli, però, la potenza portoghese era in declino e fu facile per gli olandesi rimpiazzare gli antichi colonizzatori. Tuttavia, le cose non andarono come aveva previsto la Voc. La Compagnia, che sotto la guida di Jan van Riebeeck (1619-77) aveva ottenuto il controllo della colonia nel 1652, riuscì a mantenerla per un secolo e mezzo, fino al 1795, quando gli inglesi intervennero per impedire che vi si insediassero i francesi, i quali durante la Rivoluzione avevano sottomesso l’Olanda.
In quel periodo, la regione del Capo attrasse molti coloni, tra cui gli stessi impiegati della Compagnia, che in una terra e un clima adatti all’agricoltura trovarono le condizioni ideali per un insediamento stabile. Dalla Francia giunsero anche molti protestanti, gli Ugonotti, cacciati dal Regno nel 1685 da Luigi XIV con l’Editto di Fontainebleau, che revocava il celebre Editto di Nantes (1598) grazie al quale erano stati protetti. Da varie parti dell’Africa vennero anche portati molti schiavi per essere impiegati nei lavori agricoli, con un aumento notevole della popolazione insediata.
I conflitti con le popolazioni nomadiche progressivamente espulse dai coloni non si fecero attendere, ma la superiorità tecnologica dei bianchi ebbe ragione delle popolazioni San e Kweh che da millenni abitavano la zona. Si svilupparono così molti villaggi, dedicati a una prospera agricoltura tradizionale ma anche, grazie all’arrivo degli Ugonotti, alla produzione del vino, settore che ancora adesso è alla base dalla notorietà di questa regione.
Stellenbosch, Swellendam, Paarl e Graaf Reinet sono solo alcuni dei nomi dei molti villaggi che i coloni olandesi, i boeri, realizzarono nel corso del XVII e XVIII secolo in questa regione. I coloni svilupparono nel corso del tempo una loro cultura, distinta da quella della madrepatria, e anche una loro lingua, l’afrikaans, derivata dall’olandese ma con molte influenze africane, ancora oggi la più diffusa tra i bianchi del Sudafrica.
In realtà la vita della colonia non fu facilissima, soprattutto per la gestione autoritaria delle concessioni delle terre da parte della Voc, che controllava l’immigrazione e monopolizzava il commercio. Per sfuggire ai controlli e al dominio della Compagnia, molti gruppi di boeri si spinsero sempre più in profondità verso le zone periferiche ed esterne della colonia, dando vita alle forme di insediamento seminomade dei cosiddetti «trekboers». Dopo la conquista definitiva della colonia da parte degli inglesi alla fine delle Guerre napoleoniche (1815), si verificò un vero e proprio esodo di massa dei boeri verso le regioni orientali del Transvaal e dell’Orange, dove sorsero due Repubbliche autonome che solo all’inizio del XX secolo gli inglesi riuscirono a sottomettere.
Stellenbosch, fondata nel 1679 dal secondo governatore della Provincia, Simon van der Stel (1639-1712), da cui prese il nome, divenne rapidamente il centro più importante della regione e successivamente anche un centro universitario e un bastione del nazionalismo afrikaaner nel XX secolo, fino alla fine del regime dell’apartheid. La città è famosa per i suoi edifici nello stile olandese del Capo e per la bellezza dei paesaggi vinicoli che la circondano. I principali edifici di stile olandese, e in alcuni casi vittoriano, sono la vecchia Chiesa luterana del 1851, la «Kolonieshuis» (la Casa della Gratitudine) del 1798, l’edificio Libertas-Parva (1783) che ha oggi un importante Museo del Vino, la sede dell’Università. Al centro della città si trovano la «Braa», una verde spianata che veniva un tempo utilizzata per le parate militari, con ai bordi la chiesa neogotica Moederkerk, emblema della città, oltre a edifici residenziali in stile olandese, la Hoofgebau, l’Arsenale, la Chiesa anglicana di St Mary (1852). L’edificio Grosvenor (1786) ospita il Museo Villaggio di Stellenbosch, che raggruppa un insieme di case in stile olandese dal XVII al XIX secolo, di grande interesse. Oggi Stellenbosch è considerata un patrimonio importante del Paese, perché riflette la controversa vicenda coloniale ed è espressione della diversità culturale generata dall’interazione di popoli di origini diverse.
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