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Maurizio Cattelan, America, 2016

Courtesy Sotheby's

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Maurizio Cattelan, America, 2016

Courtesy Sotheby's

Sotheby’s mette all’asta l’iconica toilette in oro massiccio di Maurizio Cattelan

La stima di vendita è, per la prima volta nella storia delle aste, proporzionata al peso in oro dell'opera, calibrata al tasso odierno: 10 milioni di dollari, dunque, per 101,2 kg

Tutti lo conoscono, alcuni l'hanno provato e, come accade con ogni forma di lusso, nessuno ne sentiva davvero il bisogno. Ma da quando esiste ognuno di noi ci ha pensato almeno una volta, se non altro per domandarsi: se fosse mio, dove lo esporrei? In bagno o in sala, chi lo sa? Stiamo parlando di «America», il celebre gabinetto dorato di Maurizio Cattelan (1960), tra le creazioni più iconiche dell'artista padovano. Quanto alla scelta espositiva, potrà darne conto il collezionista che si aggiudicherà l'opera in asta durante la «The Now and Contemporary Evening Auction» di Sotheby’s, in programma il 18 novembre, a New York. Ammesso che il lavoro, icona di provocazione, non venga acquistato da un museo. La questione di come proporla, in ogni caso, rimarrebbe. Un finto problema per chi si troverà tra le mani un lavoro divenuto fenomeno mondiale, che ora si presenta in asta rinnovando la lunga sequenza di paradossi concettuali che dalla sua presentazione, nel 2016 al Guggenheim Museum di New York, non ha smesso di generare. 

Ora che la vediamo comparire sul mercato secondario, «America» aggiunge infatti un capitolo alla sua perenne evoluzione relazionale. Ecco dunque che la stima di vendita è, per la prima volta nella storia delle aste, proporzionata al peso in oro dell'opera, calibrata al tasso odierno (31 ottobre 2025): 10 milioni di dollari, dunque, per 101,2 kg. Nel mercato dove il valore è per sua essenza aleatorio, questo lavoro «sceglie» di valutarsi arbitrariamente. Ma non solo. In attesa della vendita, il gabinetto verrà installato - rimane da capire dove esattamente - nel Breuer Building di New York, la nuova sede di Sotheby's, che inaugura proprio quest'anno dopo un lungo rifacimento. L'edificio, che un tempo ospitava il Whitney Museum, si fa così teatro della nuova installazione del water più lussuoso del mondo, che mira a provocare e ribaltare paradigmi, come la stima appunto, anche nel mondo delle aste.

La sua prima comparsa in scena l'aveva fatta, come anticipato, al Guggenheim nel settembre 2016. Laddove Cattelan, prima del momentaneo ritiro nel 2011, aveva lasciato il suo pubblico attonito davanti alla sua più grande mostra, «All», ora lo ritrova in coda per il bagno del quinto piano. Tutti volevano vedere, e provare, la sua opera: un water perfettamente funzionante, ricoperto nella sua interezza da una patina d'oro 18 carati. Un'operazione dal fascino ridicolo, nel senso che mirava a suscitare ilarità; mentre le intenzioni, al contrario, erano invece serissime, sagaci. Le implicazioni concettuali, dunque artistiche, miscelavano provocazione e riferimenti colti, riflessione sul linguaggio artistico e ridefinizione dei suoi confini.

Nell'opera, il gancio col Novecento trova inevitabilmente appiglio nel ready-made di Marcel Duchamp («Fountain»), il celebre orinatoio che nel 1917 aprì l'arte al mondo, includendo nel suo perimetro oggetti prelevati dalla quotidianità ed elevandoli a un ruolo pienamente culturale. Ma il gesto di Cattelan, a ben guardare, non ricalca esattamente quello dell'artista francese. Nel suo caso non è un oggetto banale innalzato ad arte, bensì un oggetto nobilitato - un cesso d’oro - che torna alla sua funzione quotidiana. Significativa anche la presentazione che ne fa il Guggemheim nel comunicato stampa della mostra, che parla di «una replica a grandezza naturale, perfettamente funzionante, fusa in oro massiccio». Parlando di replica, il Museo prende una sorta di distanza dalla sua funzione, definendone la natura di opera. Eppure, al tempo stesso, i visitatori sono invitati a utilizzarla realmente, sotto la supervisione di un addetto che ne garantiva l’igiene e la manutenzione ogni quindici minuti. L’esperienza è drammaticamente relazionale, fino all'imbarazzo, con il pubblico che vi partecipa attivamente, abbattendo la barriera nel modo più intimo e grottesco che si possa immaginare.

Maurizio Cattelan, America, 2016. Courtesy Sotheby's

Sfera tematica che riecheggia anche la manzoniana lezione della «Merda d’artista» (1961), esempio di ironia estrema sul valore dell’opera e sulla mercificazione dell’arte. Come in Manzoni, anche per Cattelan il corpo si fa misura del mondo, affilato strumento parodico. Del resto, lo stesso titolo, «America», è ambiguo. Un water d'oro, di per sé, raggiunge infatti l'apice del lusso, un'esasperazione ostentativa di quanto si possa essere ricchi, di quanto oltre una soglia i soldi contino così poco che si può investirli in futilità. L'oro - sacro, elitario - si fa pratico e triviale. E così l'opera diviene simbolo di una nazione opulenta, del suo sogno deragliato nel lusso estremo e nella disuguaglianza sociale. È una sorta di parodia dell'1% della popolazione, quello che ha accumulato così tanta ricchezza da non sapere dove destinarla. E di contro l'amara consapevolezza che per il restante 99% la libertà e il benessere promesso si traducono in un oggetto esclusivo, accessibile solo nel contesto museale e sotto controllo.

Ma non sempre è stato così. Una versione di «America» fu infatti esposta al Blenheim Palace di Woodstock, Regno Unito, residenza natale di Winston Churchill, per una mostra temporanea il settembre 2019. Fu posizionata in un piccolo bagno adiacente alle sale di rappresentanza e alla stanza dove nacque Churchill, ma non furono previste misure di sicurezza speciali. Così, all’alba del 14 settembre, cinque ladri smontarono la toilette in oro e fuggirono con l’opera. Nel giugno 2025, due uomini furono condannati, ma l’opera non fu mai recuperata. Se vogliamo, una svolta che aggiunse un ulteriore livello di paradosso alla parabola dell'opera. L'oggetto d'uso - reso opulente ma messo a disposizione a tutti, divenuto un feticcio di una vita impossibile (se non per pochissimi) - viene infine sottratto alla disponibilità di chiunque. Beffa per il ricco e per il povero, vittime di delusioni uguali e diverse. Lo stesso Cattelan affermò ironicamente: «Avevo sperato fosse una performance…ma temo di no».

Ora, posto all'incanto, «America» torna potenzialmente a disposizione di tutti. Tutti, s'intende, coloro che possono arrivare a corrispondere almeno un milione di dollari ogni dieci kg di peso. Insomma, quell'1% o poco più di popolazione che l'opera ha provato a sbeffeggiare.

Davide Landoni, 31 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

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