«Senza titolo» (2023), di Sophie-Anne Herin

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«Senza titolo» (2023), di Sophie-Anne Herin

Sophie-Anne Herin nella penombra del Castello Gamba

I video e le opere dell’artista alludono al passaggio tra la vita e la morte

C’è un’ora del giorno sospesa tra luce e ombre, un momento tra il crepuscolo e la notte che segna il passaggio verso il buio, durante la quale non si distingue un cane da un lupo, come scriveva nel XVI secolo il poeta francese Jean-Antoine Baïf. Questo il tema indagato fino al 16 giugno dalla mostra «Entre chien et loup» di Sophie-Anne Herin, a cura di Olga Gambari, nel Castello Gamba-Museo di Arte moderna e contemporanea della Valle d’Aosta di Châtillon. 

Secondo Pierre-Marie Quitard, nel suo Dizionario dei proverbi pubblicato nel 1842, l’espressione designa «l’intervallo che separa il momento in cui il cane è posto a guardia dell’ovile e il momento in cui il lupo approfitta dell’oscurità e comincia a vagare in giro. Perché è usanza, da sempre osservata dai pastori, liberare il cane o metterlo di sentinella appena cala il giorno, avvertendo che presto il lupo uscirà dal bosco». È il senso del passaggio tra la vita e la morte, della transitorietà dell’esistenza, della sua mutazione inarrestabile. 

Il tema si traduce per l’artista nel racconto del paesaggio di una Valle d’Aosta del tutto peculiare, ottenuto tecnicamente sottoesponendo le immagini in fase di ripresa fotografica, digitale e analogica, per creare effetti crepuscolari, come nell’envers, il versante valdostano occupato prevalentemente da boschi e caratterizzato dalla scarsità di ore di luce e dalla presenza di ghiaccio nei mesi invernali. «Un mondo inverso, scrive Olga Gambari, fuori dal tempo, dove l’artista ci immerge, con un lavoro fotografico e un allestimento che prende la forma di un percorso iniziatico. Un mondo che lei schiude in un ritratto libero, lontano da qualsiasi didascalismo, dagli stereotipi tradizionali di genere della fotografia di paesaggio, di montagna». 

Il percorso occupa i tre piani dedicati alle esposizioni temporanee del Castello: si parte dalla terra per poi superare i confini delle montagne e arrivare prima al cielo e poi al sogno. Immagini di paesaggi, ritratti di animali e persone si affacciano dalla penombra, per proseguire verso istantanee di cielo e di stelle, fino al sogno, luogo dell’istinto e dell’attività onirica. Nella torretta del castello l’immagine personale di un sogno dell’artista, una baubo, antica divinità femminile con una bocca al posto della vagina, presenza fantasmatica che ci conduce verso la fine della mostra con un video, in cui una lanuggine di semi del fiore di cardo volteggia seguendo una lieve brezza e simboleggiando con la sua danza la condizione esistenziale.

«Senza titolo» (2023), di Sophie-Anne Herin

Karin Gavassa, 10 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

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Sophie-Anne Herin nella penombra del Castello Gamba | Karin Gavassa

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