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Una mostra intergenerazionale, nata dalla collaborazione delle due gallerie durante la Berlin Art Week, diventa occasione per una riflessione profonda
- Lavinia Trivulzio
- 03 settembre 2025
- 00’minuti di lettura


Petra Cortright, «crystal_faults ‘’1996_f2_boards’’», 2025
© Petra Cortright. Courtesy the artist and Société, Berlin
SOCIÉTÉ e Hauser & Wirth espongono l’essere in tutte le sue forme
Una mostra intergenerazionale, nata dalla collaborazione delle due gallerie durante la Berlin Art Week, diventa occasione per una riflessione profonda
- Lavinia Trivulzio
- 03 settembre 2025
- 00’minuti di lettura
Lavinia Trivulzio
Leggi i suoi articoliLa mostra «States of Being», frutto di una collaborazione inedita tra SOCIÉTÉ e Hauser & Wirth, si presenta come una riflessione profonda e multiforme sulla condizione umana. L’inaugurazione, prevista per il 10 settembre presso gli spazi di SOCIÉTÉ a Berlino, darà ufficialmente il via a questa esposizione corale, in programma fino al 1° novembre, e si inserisce nel fitto calendario della Berlin Art Week, uno degli appuntamenti più attesi della stagione. Non si tratta di un percorso tematico nel senso tradizionale del termine, ma una vera e propria costellazione di visioni, approcci, corpi e materiali. Riunendo opere di oltre 30 artisti provenienti dai due programmi espositivi, la mostra si estende su un arco temporale che va dagli anni ’60 fino ad oggi, mettendo in dialogo figure storiche come Louise Bourgeois, Lee Lozano e Alina Szapocznikow con artisti contemporanei come Avery Singer, Anh Trần, Camille Henrot e Lu Yang. Questo intreccio intergenerazionale ha l’obiettivo di mostrare come gli «stati dell’essere» non siano mai statici o circoscritti, ma continuamente rinegoziati attraverso gesti, linguaggi, materia ed esperienza.

Phyllida Barlow, «untitled», 2019 © Phyllida Barlow Estate. Courtesy the Phyllida Barlow Estate
Alcune opere interrogano l’instabilità della forma e della percezione, come nei lavori di Petra Cortright o Pipilotti Rist, mentre altre affrontano condizioni più durevoli, legate al trauma, alla memoria o alla ritualità, come nelle sculture di Berlinde De Bruyckere o nei lavori visionari di Thomas J Price. La curatela, che evita volutamente un approccio didascalico, lascia spazio alla molteplicità dei significati, suggerendo che la stessa nozione di «essere» debba oggi includere anche le intelligenze non umane, le identità fluide, le entità digitali e le presenze extra-organiche. Una tensione, questa, ben visibile nei lavori di artisti come Timur Si-Qin, Salim Green o Lu Yang, i cui universi mescolano spiritualità, tecnologia e possibili realtà future. Cindy Sherman ma anche Wynnie Mynerva, Bunny Rogers o Trisha Baga mettono in scena corpi esposti e desideri non conformi, suggerendo che ogni stato dell’essere è sempre anche uno stato politico. La mostra restituisce, insomma, tutta la complessità dell’esperienza incarnata.
Citando la scrittrice e poetessa statunitense Maggie Nelson, «non esiste un unico modo di essere vivi. C’è solo l’essere, ancora e ancora, in modi diversi».