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Rose Wylie, «Lilith and Gucci Boy», 2024

Photo: Jack Hems © Rose Wylie. Courtesy of the artist and David Zwirner

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Rose Wylie, «Lilith and Gucci Boy», 2024

Photo: Jack Hems © Rose Wylie. Courtesy of the artist and David Zwirner

Rose Wylie: «Il mio obiettivo rimane fare un buon quadro»

Dopo David Zwirner e prima della Royal Academy di Londra, lo Zentrum Paul Klee rende omaggio all’ultranovantenne artista inglese: oltre 50 dipinti e 12 disegni ne ripercorrono gli ultimi trent’anni  

Nell’ambito delle celebrazioni per i suoi primi 20 anni, lo Zentrum Paul Klee di Berna propone la retrospettiva «Rose Wylie. Flick and Float» (19 luglio-5 ottobre), rendendo omaggio all’ultranovantenne artista londinese celebre per un anticonformismo che ben si traduce in opere di grande formato, in cui all’essenzialità del segno si accosta un approccio contenutistico diretto e venato di sovversivo umorismo. All’incrocio tra cultura pop, cinema e storia dell’arte, oltre 50 dipinti e una dozzina di disegni ricostruiscono l’opera di Wylie (Kent, 1934) degli ultimi trent’anni, presentando anche nuove opere realizzate per l’occasione. Cura la mostra Fabienne Eggelhofer con la collaborazione di Josephine Rechberg.

Rose Wylie, che cosa significa per lei fare arte e quali sono i suoi obiettivi? 
Fare arte è qualcosa di cui mi sono sempre occupata: è qualcosa che puoi fare senza pressioni esterne, da sola nel tuo studio, e senza alcun fine se non il suo valore intrinseco e la sua esistenza. Allo stesso tempo, vorrei che la mia opera fosse conservata come parte della nostra cultura storico artistica e fosse accessibile a chiunque desideri vederla... L’accessibilità nei musei di tutto il mondo ha sempre rappresentato un’idea accattivante per me. Ma il mio vero obiettivo rimane fare un buon quadro.

Che significato ha questa mostra nell’ambito della sua carriera?
È un buon periodo. Si è appena conclusa una mia mostra nella galleria londinese di David Zwirner, e ora inauguro questa personale allo Zpk, seguita nel febbraio del prossimo anno da una mostra nelle sale principali della Royal Academy di Londra. Una specie di «serie» composta da tre episodi. Sono veramente molto felice.

Quali sono i suoi riferimenti e che rapporto c’è con Paul Klee?
Ho una vera ossessione per l’arte antica, soprattutto la pittura murale (quasi tutta, ovunque la si trovi), la pittura senese, gli affreschi e i primi mosaici, ma da studentessa d’arte il primo Rinascimento, El Greco, Poussin e la pittura europea del XX secolo, incluso il Bauhaus, erano i miei preferiti in assoluto... Paul Klee ne fa parte a pieno titolo, quindi per me è estremamente emozionante essere qui.

Da cosa nasce il titolo «Flick and Float»?
In molti dei miei quadri gran parte dello sfondo rimane la nuda tela, non c’è mai una superficie completamente dipinta fino al bordo. I miei quadri possono essere «sparpagliati» o «galleggiare» su una parete, unendosi facilmente in nuove combinazioni. Il colore stesso a volte presenta una stesura più materica, a volte più rada. E «Flick and Float» ha un certo ritmo, così come la ripetizione della lettera «f», che mi piace perché la ripetizione è un’idea con cui lavoro molto.

Rose Wylie, «Bagdad Café (Film Notes)», 2015. British Council Collection. Photo: Soon-Hak Kwon © Rose Wylie, courtesy the artist. Photograph courtesy of Jari Lager

Che rapporto c’è nella sua arte tra scrittura e arti visive?
Mi piacciono le immagini all’interno del testo, i giornali, i manoscritti miniati, i disegni botanici: una rottura con la Grande Arte precedente. E, in ogni caso, il testo è più facile da realizzare rispetto, ad esempio, a un volto. I volti possono essere facilmente e irrimediabilmente sbagliati, mentre le lettere, sebbene infinitamente variabili, hanno una struttura universale più rigida: devono essere lette. Possono anche «tenere insieme» un quadro in modo immediato, o «incernierarlo» come una scritta che  attraversi un dipinto. Non devono fare un effetto normale.

Perché «Toujours la difference!» è diventato uno dei suoi motti?
Ho spesso detto che mi piace la diversità, intendendo solo che non mi piacciono le cose tutte uguali: è un’alternativa al solito paradigma «moda/fotografia/modella». Penso sia un peccato che le donne (e gli uomini) pensino che solo un certo tipo di gamba, ad esempio, sia quella «giusta», e che nient’altro vada bene e debba essere coperto con i pantaloni. È un pensiero ristretto... Allargare l’orizzonte, includendo ogni tipo di forme diverse, potrebbe essere meglio. «Sempre uguale» può essere veramente noioso. E dirlo in francese, soprattutto alla curatrice Fabienne, sembra conferirgli un valore aggiunto. 

Quali tecniche predilige?
Mi piace molto accumulare, o provare, mucchietti di colore diverso accostandoli, poi, se non funziona, mescolarli tutti insieme con un pezzo di carta o un vecchio pennello consumato, ottenendo un nuovo colore compatto e uniforme al centro, con intorno un bordo di «resti» misti. Oppure, dipingere una bella linea lungo la tela con un colore piuttosto intenso, per poi ammorbidirla e sfumarla con lo stesso colore, ma più chiaro... Un trucco che ho imparato da Signorelli. 

Quali sono le sue opere più rappresentative presenti in mostra?
Di solito mi piacciono i dipinti migliori che ho appena realizzato, come «Brunhilde», «Un dipinto classico» e «Un sogno», che sono esposti in mostra, ma «Lorry Art» è molto rappresentativo e raramente esposto, così come «Sedendo su una panchina con un’ombra rossa». E sono molto contenta che sia stato incluso nella selezione il disegno «Elizabeth Taylor in costume da bagno verde». È un’opera strana, un bizzarro abbinamento di una «parte superiore» più realistica e di due gambe più astratte, a forma di X, «in basso». Un’opera pochissimo esposta, e mai in Europa. 

Quali artisti trova più vicini al suo approccio creativo? 
I dipinti murali di Pompei, gli affreschi, i mosaici antichi e gli antichi dipinti murali egizi... Artisti afroamericani come Sam Doyle, Jimmy Lee Sudduth, Frank Walter e Noah Davies... I disegni di Sigmar Polke... Spunti di El Greco, de Chirico e Picabia... E soprattutto Henri Rousseau... Più il gusto per una certa forza di personalità e schiettezza tipiche di Tschabalala Self.

Rose Wylie, «RW Party Clothes (Rose Wylie)», 2016. Photo: Soon-Hak Kwon © Rose Wylie, courtesy the artist. Photograph courtesy of Jari Lager

Elena Franzoia, 13 luglio 2025 | © Riproduzione riservata

Rose Wylie: «Il mio obiettivo rimane fare un buon quadro» | Elena Franzoia

Rose Wylie: «Il mio obiettivo rimane fare un buon quadro» | Elena Franzoia