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Una veduta della mostra «Frame Time Open» di Rosa Barba al MaXXI di Roma

© M3Studio. Courtesy Fondazione MaXXI

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Una veduta della mostra «Frame Time Open» di Rosa Barba al MaXXI di Roma

© M3Studio. Courtesy Fondazione MaXXI

Rosa Barba al MaXXI destabilizza il cinema

Il curatore Francesco Stocchi evidenzia che «le pellicole cinematografiche sono uno dei temi più inclusi dall’artista e le opere esposte lavorano all'unisono a formare una sorta di pentagramma»

Il cinema è esplorazione del tempo e dello spazio, e lo dimostra Rosa Barba che al MaXXI di Roma presenta «Frame Time Open», per la cura di Francesco Stocchi. Sono ventiquattro le opere, insieme a due nuove produzioni realizzate appositamente per il progetto e presentate in anteprima nel museo, fino all’8 marzo 2026. Con l'allestimento di proiettori, suoni, luci e pellicole. Stocchi evidenzia che «le pellicole cinematografiche sono uno dei temi più inclusi dall’artista e le opere esposte lavorano all'unisono a formare una sorta di pentagramma. La ricerca visionaria di Barba trasforma il museo in un paesaggio dinamico dove cinema, scultura e luce ridefiniscono la percezione del tempo». In mostra anche la nuova pellicola «Myth and Mercury», film in 35 mm cocommissionato dal MaXXI con il Cam-Centro de Arte Moderna Gulbenkian e coprodotto da Fondazione In Between Art Film e Hamburger Kunsthalle. 

Barba ha dedicato anni a una pratica cinematografica espansa che esplora la luce, la trasparenza e la riflessione, animate attraverso una struttura installativa site specific che è al tempo stesso un disegno nello spazio e una struttura di supporto, e spiega che «la pellicola include anche stralci della vita di Antonio Gramsci in prigione, pensatore rivoluzionario che si avvicina alla morte. Sebbene il ritmo del film sia lento, le sue storie racchiudono milioni di anime, miti, immagini stellari, macchinari hi-tech e la realtà della vita. Il Mediterraneo come modello di trasformazione e resistenza, insieme al funzionamento interno delle sue energie intrecciate, visibili e invisibili, collegate attraverso miti, rituali, comunità, neutrini e mondo sottostante». Ed ecco «They Are Taking All My Letters», una scultura cinetica composta da acciaio, acrilico, alluminio, Led, motori e 34 strisce verticali di pellicola in celluloide da 70 mm in costante movimento, con parole stampate tratte da testi di Susan Howe, Charles Olson, Robert Creeley e dell’artista stessa. Le frasi, in continua trasformazione, generano combinazioni linguistiche sempre nuove, che tessono una riflessione sul tempo, sulla luce intermittente e sulla traduzione del linguaggio in immagine.

L’impronta di Barba vanta origini agrigentine ed è inevitabile evocare sensazioni pirandelliane davanti alle sue creazioni: proprio Luigi Pirandello, nel 1929, sul «Corriere della Sera» scrisse che il cinema «vuol diventare teatro; e la massima vittoria a cui potrà aspirare, mettendosi così più che mai sulla via del teatro, sarà quella di diventarne una copia fotografica e meccanica, più o meno cattiva, la quale naturalmente, come ogni copia, farà sempre nascere il desiderio dell’originale. L’errore fondamentale della cinematografia è stato quello di mettersi, fin dal primo principio, su una falsa strada, su una strada a lei impropria, quella della letteratura (narrazione o dramma). Su questa strada si è trovata per forza in una doppia impossibilità, e cioè: nell’impossibilità di farne a meno, nell’impossibilità di sostituire la parola». E Barba afferma, sulla scia del premio Nobel: «Il mio lavoro adotta un approccio concettuale che considera il cinema in un senso architettonico e come uno strumento, in cui l’ambiente, lo schermo e la proiezione possono essere combinati o spinti oltre, per creare un’altra dimensione spazio-temporale che è simultanea e va oltre il contesto dello spazio interno o esterno. L’incertezza e la speculazione esistono all’interno di questo spazio espanso. È una dimensione anarchica che offre una nuova base per pensare e agire, destabilizzando la vecchia gerarchia delle componenti del cinema, liberandole dai loro usi originari e permettendo loro di interagire in modi nuovi e imprevisti».

Gianfranco Ferroni, 26 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

Rosa Barba al MaXXI destabilizza il cinema | Gianfranco Ferroni

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