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Stefano Causa
Leggi i suoi articoliEsistono ripartenze confortanti. Non che in Italia ci si sentirà mai orfani di una rivista prettamente d’arte; ma che «FMR» (Franco Maria Ricci) riprendesse a camminare tra noi, quattro numeri l’anno, lo desideravamo in molti dopo che la rivista (con marchio e casa editrice) era stata venduta dallo stesso Ricci e poi ricomprata grazie alla moglie Laura Casalis.
E, avuta in mano la copia con i testi e le foto del consueto livello che hanno un posto (e un colore) sui nostri scaffali, ci ha colto un misto di speranza e di nostalgia. Quando uscì il primo numero quarant’anni fa, forte di uno slogan un po’ spavaldo, qualcuno nicchiò, altri gioirono. Tra i primi, chi era cresciuto con periodici spartani dove l’arte s’indossa come un cilicio; tra i secondi chi agognava a leggere qualcosa di meno punitivo, offerto persino con il gusto di raccontare.
Non so se fosse la rivista più bella del mondo, ma ci andava vicino. Oggi, se dovessimo fare un bilancio, si capisce che la scena italiana degli anni Ottanta e Novanta del Novecento la difendono anche le costole di «FMR» (senza dire che il nero di Ricci, con i caratteri bodoniani che vi lampeggiano dentro, è tra le scoperte cromatiche del decennio).
Se non fosse un confronto scivoloso, diremmo che Ricci fece per l’arte ciò che Calasso riuscì a fare per la letteratura: aprire finestre, svecchiare toni, muoversi ai bordi della rosa. Ma ci voleva immaginazione: quella che, per Roberto Longhi, non disconviene allo storico. Ricci era sapiente e incosciente al punto giusto.
FMR, Solstizio d’inverno 2021, Numero zero,
Franco Maria Ricci Editore, Fontanellato (Pr) 2021, € 40

Franco Maria Ricci e Laura Casalis in una foto degli anni Ottanta

La cover del numero di anteprima della rivista «FMR»
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