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«Il toro» (1647), di Paulus Potter. L’Aia, Mauritshuis

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«Il toro» (1647), di Paulus Potter. L’Aia, Mauritshuis

Restauro aperto per il grande toro di Potter alla Mauritshuis dell’Aia

L’ultimo intervento sull’opera seicentesca, uno dei simboli del museo, risale a cinquant’anni fa. Fino a maggio è esposta insieme al «Toro bianco» giunto da Dublino

Elena Franzoia

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La Mauritshuis si accinge a restaurare di fronte al pubblico una delle opere più note e amate del museo nonché, con i suoi oltre 2 metri e 30 di altezza per quasi 3 e mezzo di lunghezza, in assoluto la più grande: «Il toro», dipinto nel 1647 da Paulus Potter (Enkhuizen, 1625-Amsterdam, 1654). Sono infatti passati ormai 50 anni dall’ultimo restauro e i significativi progressi maturati nelle tecniche diagnostiche e conservative motivano nuove azioni di analisi e intervento, che secondo le previsioni dovrebbero richiedere circa 18 mesi.

Le fasi di studio si svolgeranno tra 29 marzo e fine di maggio, mentre ai primi di giugno inizierà il vero e proprio restauro. I costi sono coperti dall’azienda olandese Lely, leader internazionale nel settore zootecnico, da un lascito testamentario, da un anonimo donatore privato e dalla fondazione Stichting Retourschip. A rendere «Il toro» così importante è il fatto che Potter ritrasse un soggetto comune a una scala eccezionale, scelta mai vista fino ad allora in ambito olandese. Anche grazie alla meticolosa attenzione prestata ai dettagli, il dipinto è quindi divenuto un simbolo della pittura naturalistica olandese e l’attrazione principale del museo dalla sua apertura nel 1822 all’arrivo nel 1903 della vermeeriana «Ragazza con l'orecchino di perla».

Com’è successo anche con il fortunato restauro della «Ronda di notte» di Rembrandt al Rijksmuseum di Amsterdam, «Il toro» sarà posto in una apposita sala in cui una parete vetrata separerà pubblico e operatori. In collaborazione con i ricercatori del Rijksmuseum, i restauratori utilizzeranno le più recenti tecniche scientifiche come la radiografia a raggi X, l’imaging a infrarossi, la spettroscopia a raggi X, il conteggio dei fili della tela, l’analisi della struttura dei pigmenti e la microscopia digitale 3D. Dal lungo intervento si attendono importanti risposte, anche rispetto alla tesi secondo cui l’artista avrebbe iniziato con un dipinto più piccolo, probabilmente il solo toro, poi esteso alle dimensioni attuali.
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Si spera anche di riportare a condizioni più simili a quelle originali il danneggiato azzurro del cielo, scolorito nel corso dei secoli e in seguito riverniciato. Jolijn Schilder, conservatrice dei dipinti alla Mauritshuis, ha peraltro rilevato notevoli analogie tra il dipinto dell’Aia e la «Testa di toro bianco», dipinta da Potter tra 1643 e 1647, attualmente conservata alla National Gallery of Ireland di Dublino e con tutta probabilità appartenente a un’opera di maggiori dimensioni dedicata al «Ratto di Europa».

Grazie alla collaborazione tra i due musei, fino alla fine di maggio i due dipinti saranno eccezionalmente esposti insieme alla Mauritshuis.

Elena Franzoia, 28 marzo 2024 | © Riproduzione riservata

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Restauro aperto per il grande toro di Potter alla Mauritshuis dell’Aia | Elena Franzoia

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