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Una veduta della mostra «1350. Il Giubileo senza papa» nei Mercati di Traiano-Museo dei Fori Imperiali di Roma

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Una veduta della mostra «1350. Il Giubileo senza papa» nei Mercati di Traiano-Museo dei Fori Imperiali di Roma

Quell’anno in cui si celebrò il Giubileo senza papa

Ai Mercati di Traiano uno spaccato di Roma nel 1350, tra storia, arte, politica e devozione

In chiusura del Giubileo 2025, fino al primo febbraio 2026 i Mercati di Traiano-Museo dei Fori Imperiali di Roma ospitano la mostra «1350. Il Giubileo senza papa»: un viaggio all’origine della tradizione giubilare attraverso gli eventi legati al secondo Anno Santo della storia, segnato dall’assenza del papa da Roma.

La mostra, curata da Claudio Parisi Presicce, Nicoletta Bernacchio, Massimiliano Munzi e Simone Pastor, riunisce circa 60 opere, tra sculture, dipinti, epigrafi, monete, sigilli, manoscritti, bassorilievi, oggetti devozionali e rare testimonianze di valore storico e documentario, provenienti da istituzioni nazionali e internazionali e dalle collezioni capitoline.

Allestito nella Grande Aula al piano terra, il percorso si articola in otto sezioni tematiche che offrono uno sguardo a tutto campo sulla storia del Giubileo del 1350: dal primo Anno Santo del 1300 indetto da Bonifacio VIII (alla sua famiglia, i Caetani, apparteneva il Castello delle Milizie con l’altissima Torre costruito nel XII-XIII secolo inglobando i Mercati di Traiano) al ritorno del papa (Gregorio XI) nell’Urbe nel 1377 e la conseguente fine della cosiddetta «Cattività Avignonese» (1309-77), durante la quale sette pontefici, tutti francesi, risiedettero nel Palais des Papes di Avignone, di cui è esposto un modellino in legno.

Gli anni che precedettero il secondo Giubileo furono funestati da eventi tragici. Nell’estate del 1348 dilagò a Roma la Peste Nera (un’epidemia che devastò l’Europa medievale dal 1347 al 1352, uccidendo, secondo le stime, 25-30 milioni di persone): in mostra è esposta la statua in marmo dell’Arcangelo Michele, invocato contro la peste, raffigurato con le ali spiegate nell’atto di uccidere il drago, prestito dall’antico Ospedale di San Giovanni in Laterano. L’anno successivo, nella notte tra il 9 e il 10 settembre 1349, la città fu colpita da un violento terremoto che causò crolli e danni a numerosi edifici, comprese la Torre delle Milizie e la Torre dei Conti, che persero le loro sommità. Ma il periodo intercorso tra i due Giubilei fu segnato anche da una fase di fiorente produzione artistica. Ne è un esempio il grande affresco con la Santissima Trinità, della metà del Trecento, proveniente dalla chiesa di San Salvatore delle Tre Immagini nel rione Monti e ora conservato al Museo di Roma, una rara antichissima testimonianza di questa iconografia, nata a seguito dell’istituzione della festività della SS. Trinità, promossa da papa Giovanni XXII nel 1334. 

Tra i sostenitori del ritorno del papa in città, ci furono Cola di Rienzo e Francesco Petrarca, appassionati cultori dell’antica magnificenza di Roma. La figura del carismatico e controverso protagonista della scena politica romana è illustrata in mostra da opere del XIX secolo, che raccontano episodi tratti principalmente da uno straordinario testo, la Cronica dell’Anonimo Romano: «Cola di Rienzo che arringa il popolo romano» nel grande dipinto di Carlo Felice Biscarra dai Musei Reali di Torino o «Cola di Rienzo che spiega le antiche epigrafi ai Romani» in un disegno di Palagio Pelagi.

La Roma vista e sognata, con il suo glorioso passato imperiale, è al centro della sezione dedicata ai mirabilia, che presenta alcune leggende riportate negli scritti di Petrarca e nelle colte descrizioni elaborate a partire dal XII secolo: quella legata al Globo in bronzo dorato che coronava l’obelisco Vaticano, ritenuto essere l’urna delle ceneri di Giulio Cesare, e quella connessa alla Lastra dell’Aracoeli, di cui in mostra è presente il calco frontale, raffigurante la «Visione di Augusto», davanti alla quale Cola di Rienzo si inchinò per deporre le insegne tribunizie dopo la vittoria sui Colonna del 1347.

Protagonisti dell’ultima sezione, dedicata al ritorno del Papa e della Curia a Roma nel 1377, sono Gregorio XI e Caterina da Siena. La santa accompagna il pontefice nel rientro in città in una stampa di metà Ottocento dal Museo di Roma e nei modellini settecenteschi per la decorazione dell’abside della chiesa di Santa Caterina da Siena a via Giulia, conservati presso la Venerabile Arciconfraternita di Santa Caterina da Siena. Alla santa senese è dedicata anche la Chiesa di Santa Caterina a Magnanapoli, costruita nel XVI secolo nell’area dei Mercati di Traiano, che dopo il castello delle Milizie accolsero un convento di suore domenicane. A testimonianza di questa ultima fase del monumento che ospita oggi la mostra, è un acquarello di Ettore Roesler Franz dal Museo di Roma in Trastevere.

Redazione, 10 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

Quell’anno in cui si celebrò il Giubileo senza papa | Redazione

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