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Una veduta di Ardashir-Khwarrah, o Gur © Foto sito Unesco «Sassanid Archaeological Landscape of Fars»

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Una veduta di Ardashir-Khwarrah, o Gur © Foto sito Unesco «Sassanid Archaeological Landscape of Fars»

Quella città un cerchio perfetto

Le ricerche archeologiche italo-iraniane nel centro sasanide di Gur

Stefano Miliani

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Presso l’odierna Firuzabad, nell’Iran centro-meridionale, sorgeva Ardashir-Khwarrah, città della fiorente civiltà sasanide (III-VII secolo d.C.): era una città dalla pianta perfettamente circolare che nel Medioevo si chiamerà Gur e che sfiorirà intorno al XIII secolo. Ricerche in corso dal 2019, sospese nel 2020 per il Covid-19, non intendono solo approfondirne la conoscenza: i ricercatori ritengono che il sito, incluso nella Lista del Patrimonio dell’Unesco, vada valorizzato per diventare una meta turistica di forte richiamo.

Il progetto vede come primi autori Alireza Askari Chaverdi, del Dipartimento di Storia e archeologia dell’Università di Shiraz, e Pierfrancesco Callieri del Dipartimento di Beni culturali dell’ateneo di Bologna. Gli esiti sono in corso di pubblicazione su «East and West», rinata rivista dell’Ismeo, l’Associazione internazionale di studi sul Mediterraneo e l’Oriente che ha raccolto l’eredità del vecchio istituto Ismeo e che finanzia il progetto insieme all’Alma Mater e al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Sul fronte italiano partecipa anche l’Università di Urbino con la docente di Chimica per i beni culturali Maria Letizia Amadori.

Chi erano i Sasanidi? L’impero, segnala Callieri, «fu potente e temuto prima da Roma e poi da Bisanzio, rappresentandone l’alterità. Potrebbe essere paragonato a quanto ha rappresentato l’Unione Sovietica verso gli Stati Uniti durante la guerra fredda». Ardashir-Khwarrah «ha la pianta perfettamente circolare, dal diametro di quasi due chilometri, suddivisa a raggiera con un disco centrale e tre fasce concentriche. È un modello altamente geometrizzato e simbolico, poco pratico, costruito per ragioni ideologiche e simboliche», avverte l’archeologo.

Che prosegue: «La ricerca comprende studi paleo-ambientali anche per capire se il re per fondare la città scelse una zona paludosa che dovette bonificare, come dicono le fonti, oppure se ci sono state fasi precedenti ai Sasanidi. Ciò è necessario per comprendere le modalità di insediamento e dello sviluppo delle strade fino al Golfo Persico».

Lo studio paleoambientale viene condotto con l’Università di Aix-en-Provence e Marsiglia che qui ha avviato un progetto franco-iraniano. In più al progetto ha accettato di collaborare Dietrich Huff, che ha diretto tutte le indagini a Firuzabad dalla fine degli anni ’60 con l’Istituto tedesco di archeologia. Nel 2019 i ricercatori hanno condotto una campagna fotogrammetrica tramite un drone: «Abbiamo visto che le strutture affiorano in superficie quasi solo nel cerchio centrale della città, oltre niente: come mai?», interviene l’archeologo che lavora in Iran da quindici anni.

«Qui sorge un problema: i terreni sono agricoli e privati. Se le nuove indagini geofisiche dimostreranno che sotto non c’è niente non ci saranno discussioni, se invece sotto c’è qualcosa sarà necessario rafforzare i vincoli già attivi perché gli aratri moderni vanno in profondità e distruggono. Le prospezioni nel terreno serviranno anche a questo scopo».

Un altro elemento appassiona i ricercatori. Nel 2005 la Soprintendenza locale rinvenne nei resti di un edificio scavato presso il centro della città una pittura murale di 2 metri per uno raffigurante dei personaggi. «È un frammento di bellezza incredibile, spiega Callieri, importantissimo perché in un’architettura di mattoni crudi la pittura parietale sopravvive di rado. Probabilmente di epoca sasanide, si abbina a un pavimento dipinto a motivi geometrici».

Il frammento necessita di restauro ed è Maria Letizia Amadori a condurre le analisi preliminari: «Le testimonianze policrome di Gur, sottolinea la ricercatrice, versano in un pessimo stato di conservazione e l’area non è protetta né da atti vandalici né dagli agenti atmosferici. Abbiamo proposto a una fondazione giapponese di sostenere il restauro. Il programma prevede il coinvolgimento delle Università anche per la valorizzazione sostenibile del sito in modo da richiamare un turismo colto in un’area che ne è quasi priva».
 

Una veduta di Ardashir-Khwarrah, o Gur © Foto sito Unesco «Sassanid Archaeological Landscape of Fars»

Un particolare del frammento di intonaco dipinto © Foto sito Unesco «Sassanid Archaeological Landscape of Fars»

Stefano Miliani, 16 luglio 2021 | © Riproduzione riservata

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