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Stefano Miliani
Leggi i suoi articoliCon l’emergenza di terremoto, alluvione o altra catastrofe, se salvare le persone è la priorità intervenire in fretta e bene anche sul patrimonio culturale è determinante. L’Opificio delle pietre dure di Firenze vanta una consolidata esperienza pratica e teorica: anche senza scomodare il post-alluvione fiorentino del 1966, basti dire che tra altri scenari ha operato nei terremoti in Emilia del 2012 e nel centro Italia del 2016-17. Bene fa quindi la Fondazione Opificio-Fop, ente della Fondazione Cr Firenze (non l’Opd che ha una sua rinomata scuola di restauro statale), a tenere dal 17 maggio a novembre «Corsi di alta formazione per la conservazione dei beni culturali» per professionisti del settore con esperti propri e di altri istituti. «Si avvia un’attività che, grazie a Fop, si intende rendere strutturale. Mi piace pensarla l’ennesima apertura al futuro della tradizione solidissima dell’istituto», commenta la sovrintendente Emanuela Daffra.
Dalle indagini non invasive su un’opera ai manufatti tessili fino all’arte contemporanea, tra i vari corsi e workshop in presenza e online un filone riguarda come affrontare le emergenze sia per il patrimonio artistico che archivistico e bibliotecario. Dall’Opd ne parlano a «Il Giornale dell’Arte» Oriana Sartiani, specializzata in dipinti su tela e tavola, direttrice di gruppi nel deposito di opere umbre terremotate al Santo Chiodo presso Spoleto, Andrea Santacesaria, specialista di dipinti soprattutto su legno, e Rita Capitani, per gli archivi e le biblioteche.
«Prima ricordiamo Marco Ciatti (1955-2024, Ndr), già sovrintendente dal 2012 al 2022, che aveva messo anima e corpo negli interventi a seguito di eventi catastrofici, premette Sartiani. Nel recupero in situ si devono attuare procedure precise affinché l’opera arrivi in condizioni conservative idonee al deposito temporaneo in modo che il degrado non avanzi. Anche per movimentarla è essenziale che un restauratore la visioni, possa dare le indicazioni giuste, sia nell’équipe con la Protezione civile o con i volontari». Qualche esempio concreto? «Bisogna stare attenti che in un dipinto non ci siano distacchi, sollevamenti del colore o lacerazioni nella tela in modo da non aggravare lo stato di conservazione. La si può trasportare con il colore verso l’alto utilizzando anche barelle tessili o piani rigidi, si possono applicare piccole protezioni localizzate purché a cura o dietro indicazioni del restauratore». Al contempo, avverte la restauratrice, va evitato un errore commesso in buona fede: «Togliere la polvere o calcinacci da un dipinto può essere una delle operazioni più dannose».
«Nel 2016 nel museo lesionato di Visso, nel maceratese, sulla parete rimasero affreschi staccati e pale d’altare molto complesse, in apparenza senza danni, interviene Santacesaria. Il restauratore doveva far capire ai vigili del fuoco che si potevano portare via a pezzi, quindi deve conoscere le tecniche di costruzione, domandarsi se un’opera è smontabile, se il telaio di una tela è lesionato, deve guardare anche il retro».
«Spieghiamo le priorità, in teoria e con esercitazioni pratiche, osserva Capitani. In biblioteche e archivi anche nei terremoti l’acqua provoca il danno più frequente. La prima operazione è mettere coperture di protezione. È necessario distinguere subito gli inchiostri solubili nei manoscritti, non far asciugare all’aria carte bagnate se no si compattano per cui si congela quanto può essere congelato sapendo che materiali fotografici e audiovisivi non possono essere congelati. È molto importante organizzare una specie di “triage” come in ospedale per trattare materiali diversi in modo diverso».
«Dai nostri corsi emergerà che con la calamità si innesca un processo lunghissimo verso la ricostruzione», riflette Santacesaria. Aggiunge Sartiani: «Vorremo comunicare l’esperienza dell’istituto, dare la consapevolezza che quasi sicuramente il restauro sarà effettuato in tempi lunghi, spesso eccessivi». In breve, il primo intervento quindi è decisivo. «Come una sorta di pronto soccorso dell’arte», chiosa la restauratrice.
Biblioteca alluvionata nel maggio 2023 in Romagna. Foto: Rita Capitani
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