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Politica in mostra, realpolitik in fiera

Documenta è dura e pura, ma molti artisti che vi espongono erano anche ad Art Basel: i galleristi approfittano dell’«allineamento astrale» (e relativi «incroci») della quinquennale rassegna tedesca con la Biennale e Skulptur Projekte

Julia Michalska

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Art Basel e Documenta 14 sono, almeno sulla carta, all’opposto: una rappresenta il mercato dell’arte mentre l’altra preferisce evitarlo. La quinquennale rassegna di Kassel è finanziata in gran parte dai contribuenti tedeschi. In dettaglio, la mostra si avvale di un budget di 37 milioni di euro, di cui 14,5 provengono dalla città di Kassel e dallo Stato dell’Assia, 4,5 dal Governo Federale e il resto da sponsor e partner privati, bigliettazione e merchandising.

L’edizione di quest’anno in particolare, fortemente politica, sembrerebbe tenere il mercato a distanza. Adam Szymczyk, direttore della mostra, ha chiesto che la produzione artistica fosse valutata come qualcosa di più del mero «polso del mercato» e ha volutamente evitato i nomi noti a favore di artisti meno conosciuti e poco rappresentati dalle gallerie. Ma Documenta resta un’opportunità commerciale.

Quasi tutte le gallerie che propongono artisti a Documenta hanno portato lavori degli stessi autori ad Art Basel. Tra queste, Gagosian, con marmi di Douglas Gordon, la Lisson, che espone opere di Stanley Whitney e Susan Hiller (una nella sezione «Unlimited»), e Hauser & Wirth, con diversi collage di uno degli ultimi arrivati nella sua scuderia, l’artista rumena novantunenne Geta Bratescu, la cui fama è schizzata alle stelle anche grazie alla sua contemporanea presenza alla Biennale di Venezia e a Documenta 14, oltre a una recente personale al Camden Arts Centre di Londra conclusasi in giugno.

«La visibilità che si ottiene a Documenta non è riproducibile altrove», spiegava a Basilea Sven Christian Schuch della Galerie Sfeir-Semler, che presentava collage dell’artista libanese-olandese Mounira Al Solh ad Art Basel. Ma la galleria non si aspettava «vendite lampo»: sperava che l’attenzione istituzionale generata da Documenta possa contribuire a garantire alla Al Solh una futura mostra personale. Ma i «prezzi moderati» dell’artista potrebbero mettere a rischio questa strategia. «Ogni centimetro delle pareti è molto caro», dice Schuch. L’enfasi di Documenta 14 sugli artisti meno noti e sottovalutati sta contagiando il mercato. A Liste, fiera satellite di Art Basel, la galleria di Dubai Grey Noise proponeva opere di Lala Rukh, che partecipa a Documenta 14.

La sessantanovenne artista pakistana è uno dei pionieri del Minimalismo dell’Asia del Sud, un’area che negli anni sta conquistando una maggiore attenzione. Umer Butt, direttore della galleria, affermava: «Stiamo diventando sempre più consapevoli dei capitoli dimenticati della storia dell’arte e vogliamo portarli su queste grandi piattaforme».

Alcuni artisti però trovano complicata la transizione al settore commerciale del mercato. Hans Haacke, uno degli artisti più noti alla Documenta di quest’anno, «non ama che il suo lavoro sia esposto nelle fiere, perciò non abbiamo portato sue opere a Basilea», dichiarava Lucas Cooper della Paula Cooper Gallery. L’artista statunitense Pope.L, le cui opere sonore si trovano in diversi luoghi ad Atene e Kassel, spiega che gli è servito un po’ di tempo per «trovarmi a mio agio con le fiere e, viceversa, perché le fiere si trovassero a loro agio con me».

Spesso la sfida è quella di creare opere in un formato collezionabile. Pope.L, noto soprattutto per le sue performance, dice: «A volte faccio quadri, e la cosa funziona, ma a volte creo opere che non sono da parete, qualunque cosa significhi». Mitchell-Innes & Nash comunque ha portato in fiera cinque sue opere dell’artista.

Nel corso della conferenza stampa per Documenta 14 a Kassel, alla domanda se le opere nella sua mostra avrebbero avuto qualcosa in comune con quelle ad Art Basel, Szymczyk ha riposto allegramente: «Spero molto». Quando, ogni dieci anni, il solstizio d’estate è contrassegnato dall’allineamento «astrale» di tre grandi rassegne pubbliche d’arte contemporanea (Biennale, Documenta e Skulptur Projekte a Münster) e dalla più importante fiera al mondo del settore, quest’ultima rafforza ulteriormente il suo ruolo di termometro del mercato. Inevitabili gli «incroci» fra le tre mostre. Maria Lai, Nevin Aladag, Rashhed Araeen, Anna Halprin e la citata Bratescu sono rappresentati contemporaneamente a Venezia e a Kassel, mentre Münster condivide con Venezia Koki Tanaka e Cerith Wyn Evans e con Kassel Nairy Baghramian ed Emeka Ogboh. I galleristi a Basilea, dal canto loro, non hanno esitato a cogliere il momento di gloria qualora i loro artisti partecipino ad almeno una delle tre rassegne.

Ecco chi c’era a Basilea (e in quali stand) tra i nomi più «caldi».

Julia Michalska, 07 luglio 2017 | © Riproduzione riservata

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