Caro Gaggero,

Percorrendo la valle dell’Alto Reno, punteggiata di villaggi accuratamente delimitati da verdissimi prati e marcata su alcune alture da pietrose fortezze militari, si riceve un pugno allo stomaco quando si giunge in vista di questo orrendo bunker di cemento alto come una casa di trenta piani. Finestre rare e sparse; immagini il buio che dentro a questo mostro nasconde gli operai. Si tratta di una cava di pietra e l’enorme oggetto di cemento nasconde le macchine che riducono la roccia in pietruzze idonee per essere miscelate nel cemento o nell’asfalto. In pratica è un frantumatore delle rocce che vengono prelevate nella caverna retrostante l’impianto. Secondo me si poteva almeno tentare di camuffare l’impianto in un involucro più accettabile: per esempio un albergo, con finestre e bandiere. Altra ipotesi fattibile: bastava ricoprire le nude pareti del bunker con finestre di vetro, come negli edifici direzionali dotati di curtain wall. Certo non poteva essere trasformato in uno chalet. Luccardini



Caro Luccardini,

Mi inquieta come tu possa immaginare un camuffamento così bizzarro! Così com’è, in fondo, è architettura-verità. E poi come puoi pensare che i cavatori o frantumatori di pietre ragionino come intellettuali da salotto? Forse gli scatoloni di cemento servono solo a contenere le polveri della frantumazione: li hanno fatti così a buon mercato perché avevano tanto cemento e poca fantasia. Certo però che tanto cemento e poca fantasia ne hanno fatti di mostri! Finché non si condividerà liberamente e creativamente il modo di pensare sarà molto difficile condividere il fare. Non è una questione di finestre, gerani e grembiulini. Turbato ma sereno, pensoso e vacuo, speranzoso e realista continuo comunque felicemente a salutarti. Gaggero