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Era il 1952 quando la Pietà Rondanini, estremo capolavoro di Michelangelo, che vi lavorò per molti anni fino ai suoi ultimi giorni, fu acquisita dalla Città di Milano grazie a una pubblica sottoscrizione di 135 milioni di lire. Per collocarla nei musei del Castello Sforzesco, il cui nuovo allestimento era di fatto concluso, lo Studio Bbpr ideò una sorta di nicchia in pietra serena ricavata, a una quota più bassa, nella Sala degli Scarlioni: uno spazio suggestivo ed essenziale, insufficiente però per consentirne la completa visione. Da allora, anche per lo stimolo di artisti e uomini di cultura come Emilio Tadini e Arnaldo Pomodoro, ci si interrogò ripetutamente (nel 1999 il Comune bandì un concorso internazionale al riguardo, vinto da Álvaro Siza) sul modo di valorizzarla, consentendo anche di cogliere l’emozionante «non finito» della parte posteriore, ma solo nella primavera del 2012 l’allora assessore alla Cultura Stefano Boeri prese la decisione, poi sposata dal suo successore Filippo Del Corno, di dedicare uno specifico spazio museale alla Pietà Rondanini. Il luogo prescelto, di concerto con il direttore regionale Caterina Bon Valsassina e i soprintendenti Sandrina Bandera e Alberto Artioli, è quello del secondo Cinquecento (coevo dunque all’opera) dell’Ospedale Spagnolo, intoccato nell’interno dagli interventi di Luca Beltrami, suggerito dal soprintendente del Castello Claudio Salsi. Restaurato (nella foto, il cantiere in via di chiusura), quell’ambiente ha ritrovato nelle pareti gli stemmi dipinti della casate spagnole presenti allora a Milano, e sulla volta i cartigli con i versetti del credo apostolico scelti per questo luogo di sofferenza (uno dei quali, sulla ascensione di Cristo al cielo, sovrasterà la scultura). L’allestimento di Michele De Lucchi prevede un percorso di avvicinamento e di «scoperta» dell’opera che, posta nella terza campata, entrando sarà vista di spalle. Ma per giungere a questo esito sono state innumerevoli le riflessioni del gruppo di lavoro (con Salsi e De Lucchi, Giovanna Mori, Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa e altri) e le prove, realizzate prima con un calco in gesso e ora, con Alfredo Cigada del Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano ed Elisabetta Giani dell’Iscr, per rispondere alle esigenze antisismiche, servendosi di una replica sommaria ma dell’identico peso e dimensione (780 chili per due metri di altezza) sbozzata nel marmo di una cava in uso già nel Cinquecento e contigua a quella prediletta da Michelangelo. È stata la giapponese Thk, leader nel settore delle piattaforme antisismiche per le opere d’arte, a fornire la nuova base, che salvaguarderà la scultura dai rischi sismici e dalle vibrazioni causate dalla metropolitana sottostante. Sarà collocata in un vano del pavimento di legno (tre metri per tre, profondo 30 centimetri), che poggerà direttamente sull’estradosso della volta dei sotterranei, mentre l’ara romana su cui ora la scultura è appoggiata senza alcun perno di fissaggio sarà sostituita da un basamento cilindrico più adeguato, progettato da De Lucchi. Tutto, naturalmente, sarà pronto per Expo.

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