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Roberta Bosco
Leggi i suoi articoliI membri del Cimam, il Comitato Internazionale per i Musei e le Collezioni d’Arte moderna, sono tornati a Barcellona 20 anni dopo aver creato nella capitale catalana la loro prima sede esecutiva. Lo hanno fatto per celebrare un’attività che in questo ventennio si è intensificata e consolidata, ma soprattutto per dare un annuncio storico: nel 2026 il Cimam celebrerà la sua conferenza annuale in Africa per la prima volta nei suoi 64 anni di storia. Si terrà nella National Gallery of Zimbabwe di Harare, capitale dello Zimbabwe, Paese che gode di una vivacità artistica e culturale unica nel continente e di una situazione politica e sociale relativamente stabile e tranquilla, nonostante la difficile conquista dell’indipendenza dal Regno Unito, che sfociò nella nascita dello Zimbabwe nel 1980 sotto la guida di Robert Mugabe, deposto da un colpo di stato nel 2017.
«Una notizia straordinaria richiedeva un annuncio altrettanto straordinario», ha dichiarato Suhanya Raffel, direttrice del museo M+ di Hong Kong e presidentessa del Cimam dal 2023 e sino alla fine del 2025, che ha comunicato la sede della 58ma conferenza dell’organizzazione, il 24 giugno, durante un incontro celebrato nella residenza del collezionista e filantropo Han Nefkens. Abitualmente l’annuncio veniva dato alla fine della conferenza precedente, che si terrà a fine novembre a Torino. «Già l’anno scorso avevamo considerato la possibilità di organizzare il nostro incontro in Africa, ma poi abbiamo preferito aspettare che i tempi fossero maturi e la scelta è ricaduta sull’Italia. Torino, dove ci riuniremo il prossimo autunno, è una città con una scena d’arte moderna e contemporanea particolarmente dinamica e attraente, che stabilisce un dialogo ricco e intenso con il patrimonio storico», ha puntualizzato Suhanya Raffel, ricordando che per la città e il Paese ospiti l’incontro rappresenta un’opportunità unica per promuovere la scena artistica locale, così come per promuovere connessioni e collaborazioni tra i membri della rete professionale d’arte contemporanea più influente del mondo.
«Accogliere il Cimam nuovamente in Italia dopo 49 anni (l’Italia ha ospitato solo una conferenza, l’11ma che si tenne a Bologna e Prato nel 1976, Ndr) è un grande onore e il titolo della conferenza “Enduring Game: Expanding New Models of Museum Making” sottolinea proprio l’impegno di lunga durata che richiedono i progetti artistici e la necessità di affrontare con spirito critico le nuove pratiche artistiche e museologiche per analizzare il ruolo delle istituzioni d’arte contemporanea in un contesto globale sempre più complesso», ha anticipato Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, presidentessa della Fondazione omonima, che organizza l’evento previsto a Torino dal 28 al 30 novembre insieme alla Fondazione Torino Musei e al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea. Alla 57ma conferenza del Cimam, patrocinata dalla Fondazione Crt, sono attesi più di 300 partecipanti. «Con i suoi incontri annuali in diversi Paesi del mondo, il Cimam ribadisce il valore essenziale del dialogo globale e dello scambio culturale. Sarà anche un’opportunità per condividere il ricco patrimonio culturale di Torino e riaffermare l’importanza dell’arte e della cultura nella costruzione di comunità aperte, dinamiche e resilienti», ha continuato Sandretto.
La voce del continente africano
«L’Africa deve raccontare la sua storia ed essere ascoltata nel suo contesto. Per troppo tempo la nostra storia è stata raccontata da altri», ha dichiarato Raphael Chikukwa, approdato a Barcellona dopo un accidentato viaggio a causa della recente chiusura dello spazio aereo del Nord Africa per i bombardamenti israeliani in Iran. «La National Gallery of Zimbabwe, che dirigo dal 2020 e in cui lavoro dal 2010, da anni porta l’arte dello Zimbabwe nel mondo. Ora i tempi sono maturi per accogliere il mondo, che potrà così conoscere e sperimentare da vicino la scena artistica contemporanea africana, senza preconcetti e dalla nostra prospettiva». Chikukwa, che dal 2011 ha garantito al suo Paese una presenza fissa alla Biennale di Venezia, è l’esempio evidente dei vantaggi che offrono le iniziative del Cimam, come il «Travel grants program», le borse di studio per viaggi di studio, di cui fu uno dei beneficiari.
«Organizzare la conferenza annuale del Cimam presso la National Gallery of Zimbabwe rappresenta il riconoscimento del suo contributo alla storia dell’arte moderna e contemporanea. L’evento avrà un notevole impatto economico sulle comunità locali, in particolare sul turismo culturale e darà ad artisti e gallerie locali l’opportunità di mostrare le proprie opere e di scambiare idee ed esperienze con colleghi di differenti Paesi», ha spiegato Chikukwa, sottolineando che nel 1962 contemporaneamente al Cimam venne fondato l’Icac, il Congresso Internazionale della Cultura Africana, con l’appoggio di personalità come Alfred Barr, il primo direttore del MoMA, e Roland Penrose dell’Ici di Londra, tra gli altri. «L’Africa non deve più essere considerata la sorella minore della scena artistica globale, è ora di affrontare un dialogo critico sul futuro dei musei africani. Il modello coloniale che segnò la loro nascita è superato. Dopo aver colonizzato, l’Occidente non può anche arrogarsi la decolonizzazione: l’Africa deve decidere come farlo, riflettere sul suo passato, rivisitarlo, creare nuove narrazioni e istituire nuovi modelli e in questa evoluzione l’arte e l’educazione possono giocare un ruolo fondamentale», ha assicurato il direttore della Galleria nazionale, inaugurata nel 1957, che sarà la sede principale della prima conferenza africana.
Attualmente il Cimam ha un migliaio di soci di 90 Paesi, di cui 24 sono africani e 8 provengono dallo Zimbabwe. Per Chikukwa l’indipendenza artistica e culturale dell’Africa, uno dei principi ispiratori dei movimenti di liberazione, è tanto importante quanto l’indipendenza politica ed economica. Per questo partecipa attivamente alle trattative per la restituzione di opere d’arte, reperti archeologici e archivi saccheggiati durante l’epoca coloniale e anche dei resti umani conservati nei musei della scienza occidentali. Il loro rimpatrio può contribuire al processo di guarigione delle cicatrici coloniali e sarà uno degli argomenti che si tratteranno durante il Cimam di Harare. «Le restituzioni sono un tema chiave per il processo di decolonizzazione. Molti Paesi si basano su pretesti assurdi per non rendere le opere richieste. Se siamo etichettati come popoli primitivi, perché non sono disposti a restituire i nostri oggetti? Se i nostri antenati sono stati capaci di crearli noi siamo in grado di conservarli», ha concluso.
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