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Roberta Bosco
Leggi i suoi articoliDopo un inizio difficile, la collaborazione tra il Museo Nacional Thyssen-Bornemisza e la Fundación TBA21 Thyssen-Bornemisza Art Contemporary, entrambi di Madrid, sta dando grandi risultati. È il caso di «Terrafilia. Oltre l’umano nelle collezioni Thyssen-Bornemisza», una stimolante mostra curata da Daniela Zyman, responsabile delle collezioni di TBA21, la fondazione creata da Francesca Thyssen, figlia del barone Heinrich.
La rassegna, aperta nel museo madrileno dal primo luglio al 28 settembre, presenta un centinaio di opere di artisti di generazioni e tradizioni diverse che, attraverso cinque secoli di storia, offrono un suggestivo spettro di ricerche artistiche e intellettuali. Per la prima volta quattro generazioni della stessa famiglia di collezionisti si mostrano all’interno di una narrazione curatoriale unitaria, proponendo un approccio che va oltre il radicato dualismo della cosmologia moderna e presenta il mondo come un pluriverso: un mondo di molti mondi. «Terrafilia segna un deciso allontanamento dalle prospettive antropocentriche occidentali, abbraccia una politica planetaria emergente e si allinea ai recenti cambiamenti filosofici, antropologici, etici e legali che propugnano il riconoscimento della vita non umana e delle entità biologiche e geologiche come partecipanti della vita sulla Terra», spiega Zyman, che reinterpreta il canone museale tradizionale ponendo al centro la natura e non gli esseri umani.
Il titolo della mostra combina le parole Terra e «philia», dando origine a un concetto che prospetta un impegno affettivo, etico e spirituale nei confronti del pianeta, ispirandosi a pensatori contemporanei come il martinicano Malcolm Ferdinand. Questo amore non è né romantico né possessivo, ma politico e trasformativo: un nuovo modo di immaginare la vita sulla Terra attraverso la cura, la reciprocità e la responsabilità condivisa. «Terrafilia sostiene l’espansione della partecipazione oltre l’umano, proponendo un nuovo paradigma di pensiero ecologico e planetario basato sull’amore e sulla responsabilità verso la natura», continua la curatrice.
Strutturata in sette scenari interconnessi (un preludio e sei capitoli), la mostra esplora diverse forme di abitare il pianeta e affronta temi come i cosmogrammi, i mondi animati, i mondi simbiotici, l’arte dei sogni, l’approccio oggettivo e razionale, le relazioni con la Terra, i tempi mitici e le cosmogonie oceaniche. Questi filoni tematici guidano i visitatori attraverso il mito, la scienza, i sogni, la spiritualità e l’ecologia, interrogando criticamente le storie di espansione coloniale, estrazione di risorse e violenza ecologica che hanno generato l’attuale crisi ecologica.
Il percorso si apre con i cosmogrammi, oggetti e immagini creati per definire ed esprimere l’universo, come «Cristo nella tempesta sul mare di Galilea» di Jan Brueghel il Vecchio o «Paesaggio con il riposo durante la fuga in Egitto» di Joachim Patinir. La rassegna continua con opere Max Ernst, Diana Policarpo, Edgar Degas, Vasilij Kandinskij, Janaina Tschäpe e Regina de Miguel, tra gli altri, che evocano un mondo interconnesso in cui piante, funghi, astri e animali coesistono in simbiosi. Inoltre, l’artista norvegese Sissel Tolaas presenta un’eterea scultura in vetro, una nuova installazione olfattiva, «whereareWEarewherere», realizzata per l’occasione e che offre un viaggio sensoriale attraverso gli odori presenti nei capitoli della mostra. Ognuno di questi scenari non è un compartimento stagno, ma un invito a pensare in rete, come dimostra anche l’allestimento curato dall’architetta Marina Otero Verzier, recentemente premiata alla XIX Biennale di Architettura di Venezia.
«In questo momento di emergenza ecologica, “Terrafilia” affronta la frattura ontologica tra esseri umani e pianeta, proponendo percorsi simbolici e concreti verso la riparazione e la riconnessione sia simbolica sia pratica», dichiara Zyman, che invita il pubblico a immaginare una nuova cosmopolitica, in cui esseri umani, animali, piante, elementi e forze spirituali coesistono in una comunità condivisa, basata su equità ed empatia. «Questa mostra propone un confronto con l’arte non solo come piacere o patrimonio, ma come forza pedagogica attiva nella costruzione del nostro futuro collettivo. L’arte è un elemento essenziale per interrogarci sulla nostra relazione con la natura, non come forma passiva di evasione, ma come catalizzatore di trasformazione», ha assicurato Francesca Thyssen-Bornemisza, fondatrice di TBA21, che in ottobre si sposerà con Markus Reymann, direttore dell’Ocean Space, il centro d’arte che la fondazione ha aperto a Venezia nel 2019.

Max Ernst, «Alberi solitari e coniugali», 1940