Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Jenny Dogliani
Leggi i suoi articoliSaratoga, marchio americano di acqua minerale noto per la sua bottiglia blu cobalto, ha recentemente lanciato una collezione di bevande frizzanti dedicate all’arte contemporanea, una collezione di bevande frizzanti «a tema arte», presentata come un’estensione della propria identità visiva e concettuale. La storica azienda americana fondata nel 1872 a Saratoga Springs, si chiede così fino a che punto un gesto quotidiano come bere un bicchiere d’acqua può essere trasformato in esperienza culturale. La bottiglia blu cobalto di Saratoga è da decenni un’icona nei ristoranti e negli ambienti dell’arte. Non solo per l’eleganza della forma, ma per la sua capacità di fondere estetica e funzione, artigianalità e status symbol. L’iniziativa si inserisce nella strategia di rilancio di un brand storicamente legato ai circuiti del design e della cultura visiva, che oggi sceglie di spingersi oltre il piano del packaging per costruire un discorso identitario più ampio, in dialogo con il mondo dell’arte. La collezione è pensata come una serie limitata di acque e soft drink “art-themed”, concepite non solo come prodotto ma come oggetto da collezione, in equilibrio tra linguaggio museale e ironia pop. L’arte, in questo caso, non interviene come decorazione ma come codice: un modo per ridefinire il valore immateriale del brand, trasformando la quotidianità del bere in gesto di appartenenza culturale.
Anche in Italia, l’acqua si sta facendo portatrice di valori simbolici e culturali. Il caso più recente è quello di Levissima Issima, che nel 2025 ha collaborato con Panini per la serie Noi Animali di Alta Montagna. Dieci bottigliette da 33 cl con grafiche illustrate raccontano, attraverso coppie di animali alpini — il lupo e il corvo, la cerva e il cerbiatto, la lepre e l’ermellino —, la relazione tra l’acqua e il suo ambiente d’origine: la montagna. L’operazione non coinvolge artisti nel senso canonico del termine, ma rientra in una più ampia tendenza alla narrazione visiva del prodotto. Ogni etichetta diventa una micro-storia: non più semplice decorazione, ma linguaggio educativo e simbolico, capace di avvicinare il pubblico — soprattutto quello giovane — ai temi della biodiversità e della tutela degli ecosistemi montani. Saratoga e Levissima, pur appartenendo a universi differenti per tono e pubblico, si muovono lungo una stessa traiettoria: quella che trasforma l’immaginario visivo in strumento di racconto e di responsabilità. Nel caso americano, il riferimento all’arte assume una valenza concettuale: l’acqua diventa oggetto di riflessione estetica, parte di un discorso sul linguaggio e sulla forma del consumo. Nel caso italiano, il registro è più narrativo e accessibile: l’immagine serve a riportare l’attenzione sulla natura e sulle origini del prodotto, facendo della bottiglia un mezzo di sensibilizzazione ambientale. Al di là delle differenze, entrambe le operazioni indicano un passaggio chiaro: la sostenibilità non è più soltanto una dichiarazione o un dato tecnico, ma un linguaggio da costruire e condividere. E in questa prospettiva, l’arte — o meglio, la cultura visiva — diventa uno dei codici più efficaci per tradurre valori e comportamenti, operando non sull’informazione ma sulla percezione. Oggi la bottiglia non si limita a contenere: rappresenta. È un dispositivo culturale che riflette il modo in cui estetica e responsabilità, mercato e immaginario, convivono nel quotidiano.
Altri articoli dell'autore
Nella nave spaziale ideata da Luigi Fassi, Artissima mette al centro la materia e il corpo come misura del mondo. Tra ceramiche, terre, tessuti e silicone, l’arte è una presenza viva che dialoga con il reale, assume il ritmo della natura e restituisce verità alle cose
Scomparso a 91 anni il celebre fotografo partenopeo
Main partner di Artissima, il gruppo bancario offre un’anteprima della prossima mostra in Gallerie d’Italia-Torino: una selezione di lavori di Anastasia Samoylova. E nella sala immersiva del museo il progetto speciale «The Screen is a Muscle» curato da Luca Lo Pinto
Antonio Grulli ci racconta la città attraverso le sue Luci d’Artista, un laboratorio di arte pubblica e di innovazione urbana, un modello unico fondato su competenze tecniche, dialogo tra istituzioni e imprese, commissioni di opere e relazioni internazionali e con un forte radicamento sociale



