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Camilla Bertoni
Leggi i suoi articoliCuratore indipendente e operatore museale al Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Rovereto (Tn), Gabriele Salvaterra attraversa in sette capitoli il percorso che ha portato la superficie a essere segno distintivo della modernità. «Sulla superficie, spiega l’autore, cerca di mettere insieme tutti gli indizi, i segni e i passaggi che dalla metà dell’Ottocento fino a oggi hanno accompagnato un percorso che, in un certo senso, ha costantemente eroso pluridimensionalità e profondità del sapere e dell’azione umana».
Lo slogan in politica, il tweet nella comunicazione, il tempo di lettura indicato sugli articoli sono solo alcuni dei segnali che dimostrano la prevalenza di un pensiero superficiale, così come il prevalere dell’apparire rispetto all’essere o al possedere, ragiona Salvaterra citando Guy Debord. Il libro va alla ricerca delle radici ottocentesche di questo approdo ripercorrendo il cammino artistico, letterario e filosofico del pensiero superficiale.
Ricordando per esempio Calvino, che fa dire al protagonista di Palomar che «solo dopo aver conosciuto la superficie delle cose, ci si può spingere a cercare quello che c’è sotto. Ma la superficie delle cose è inesauribile». Emerge la complessità del concetto, ribadito citando un «profondissimo superficiale» come Alessandro Mendini e la sua tesi che «anche la superficialità ha una sua profondità se capita e accettata come difficoltà profonda della vita umana». Insomma superficiale non è per forza negativo, ma questione articolata e complessa, e mentre il libro ripercorre la storia dell’arte e lo smantellamento della prospettiva rinascimentale, insegue lo sviluppo di «linguaggi pittorici, scultorei, installativi e fotografici che hanno trovato nell’esiguità della pura epidermide un reame di ricerca originale e inesauribile».
Sulla superficie. Il pensiero superficiale nell’arte e nella cultura contemporanee
di Gabriele Salvaterra, 224 pp, ill, Polistampa, Firenze 2023, € 25

La copertina del volume
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