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Laura Lombardi
Leggi i suoi articoli«Non sono un manager, sono un soprintendente»: Cecilie Hollberg teme la burocrazia e punta a valorizzare le collezioni. Senza dimenticare ricettività e didascalie, rapporti internazionali e didattica, concerti e caffè
Così come Eike Schmidt agli Uffizi, anche la nuova superdirettrice della Galleria dell’Accademia è tedesca. Cecilie Hollberg, 48 anni, storica di formazione con studi sui tedeschi a Venezia nel tardo Medioevo e altri in Scienze politiche, funzionario tecnico-scientifico alle Staatliche Kunstammlungen di Dresda e al Kulturhistorisches Museum di Magdeburgo, curatrice di mostre a Lipsia e Hannover, è stata dal 2010 direttrice dello Städtisches Museum Braunschweig, uno dei grandi musei civici della Germania del Nord con collezioni preziose, di ambiti diversi, dalla pittura all’etnografia. Come ha accolto la Hollberg, che parla un perfetto italiano, il suo nuovo incarico?
Quando ho saputo di essere scelta mi mancava il fiato e a dire la verità non potevo crederci! In attesa della nomina ufficiale sono venuta a Firenze a rivedere la Galleria e l’emozione è aumentata.
Lei sa delle polemiche sui nuovi direttori. Perché pensa che il ministro abbia scelto proprio lei?
Io sono una storica di formazione, non una storica dell’arte, e mi occupo del Medioevo. Tuttavia sono 15 anni che lavoro in musei d’arte molto importanti, sia statali, come quello di Dresda, sia comunali; nel museo di Braunschweig, che ho lasciato per venire qui, perdendo quindi un posto fisso per un incarico prestigioso ma a tempo determinato, è stato molto apprezzato il lavoro che ho svolto per la ristrutturazione e il riallestimento delle collezioni suddivise in tre edifici diversi, trovando numerosi fondi. Pensi che alla conclusione dei lavori alcuni sponsor sono venuti addirittura al museo a propormi il loro sostegno! Ho una formazione internazionale, ho tenuto lezioni nei dipartimenti di Storia dell’arte di Università in Svizzera e in Germania. Inoltre, fin da piccola, ho frequentato scuole e università italiane e tedesche, e quindi sono ben a conoscenza delle due diverse realtà, con molti contatti in ambito internazionale.
Non crede che sia più facile far funzionare le cose in un Paese come la Germania? Teme che la realtà italiana presenti maggiori difficoltà?
Guardi che non è così facile nemmeno in altri posti. Ma confesso di aver assolutamente sottovalutato la burocrazia che qui spesso paralizza. Io non ho soluzioni preconfezionate per la Galleria e al colloquio al Ministero non mi sono presentata con un programma fatto e definito, ma ho detto che anch’io non avevo la bacchetta magica e dovevo prima conoscere in profondità realtà e risorse del museo per poter valutare. Credo che questo sia stato apprezzato.
È in carica dal primo dicembre: quali idee si è fatta?
Io di idee ne ho innumerevoli e le risparmio di esporle tutte ora. Posso assicurare che non ho la mania del riammodernamento; si figuri che a Berlino il mio museo preferito è il Pergamonmuseum! Una grande difficoltà è rappresentata dalla carenza del personale, siamo sotto organico del 40%. Spero che questa situazione possa essere alleggerita presto e che troveremo persone valide e competenti.
Teme che il dover risolvere problemi di ordinaria amministrazione le impedisca di dedicarsi alla programmazione generale del museo?
Ma all’aspetto scientifico del mio incarico io dedico la sera, anzi la notte, il fine settimana, quando sono fuori dal museo, come tutti.
Quali settori pensa di valorizzare nella Galleria?
Le collezioni vanno assolutamente messe in luce. Abbiamo già cominciato proprio con una nuova illuminazione nelle sale dei fondi oro che fa riemergere quelle tavole dall’oscurità. Il Dipartimento degli Strumenti musicali va valorizzato, perché conserva splendidi strumenti di origine medicea come gli Stradivari la cui presenza è finora nota solo al mondo degli specialisti. Intendo organizzare, come ho fatto anche in Germania, un convegno con nomi internazionali che ne dia visibilità. C’è da rivalutare la Gipsoteca, e da uniformare l’apparato didascalico disomogeneo anche nei materiali.
Le code all’ingresso: lei ha dichiarato che le piacciono, ma, a parte la battuta, come vede la questione?
Ho detto che mi piacciono perché vuol dire che il museo è vivo e che c’è interesse. Io non vedo molte soluzioni, se non quella di riuscire a convincere i visitatori che vi sono fasce orarie meno frequentate. Devo dire però che la visita della Galleria ha tempi di permanenza abbastanza brevi rispetto ad altri musei, quindi le code, per quanto lunghe, scorrono bene. Ho in mente comunque progetti di ampliamento degli spazi e quindi della ricettività.
Prima della sua nomina era stata progettata una mostra di opere contemporanee in collaborazione con il Centro Pecci di Prato. Mi pare di capire che non si farà. Come mai?
Abbiamo valutato assieme il progetto, che infine, per motivi di sicurezza, sia per i visitatori che per le opere, non è stato possibile realizzare, ma anche perché opere «chiave» non ci sono state concesse. Il buon rapporto con il Centro Pecci, che riaprirà al pubblico a fine anno, lo manterremo. Per questo evento stiamo lavorando su un nuovo tipo di cooperazione.
Quali mostre ha in programma?
Da novembre a marzo sarà organizzata una mostra su «Giovanni dal Ponte (1385-1437). Protagonista dell’Umanesimo tardogotico», la prima monografica su questo artista con un linguaggio assai individuale ed estroso. Con questa mostra colmiamo una lacuna avvertita da tempo nell’ambito di studi di storia dell’arte, che riguarda anche altri maestri importanti ma poco conosciuti. Noi, data la grande affluenza al museo, possiamo permetterci anche di fare mostre di ricerca, di studio.
Altre nuove iniziative?
Mostre con collaborazioni internazionali, concerti di altissimo livello per valorizzare la collezione di strumenti musicali, rendere visibile il mantenimento delle opere, come ad esempio la periodica spolveratura del David. Credo sia importante far conoscere che cosa si fa per la tutela. Inoltre lavorerò per la didattica, un settore trascurato, e infine voglio aprire anche un caffè.
Come manager come è stata accolta dal suo staff?
Sono stata accolta molto calorosamente dai miei collaboratori e si lavora in grande armonia. Credo che la parola manager, usata per definire le nostre figure, sia un po’ sviante: io non mi sento manager ma il mio ruolo corrisponde più a quello di un soprintendente con tutte le responsabilità.
Leggi le interviste agli altri direttori
La Galleria Nazionale d’Arte antica di Roma
La Galleria Nazionale d’Arte moderna di Roma
Il Museo Nazionale del Bargello di Firenze
La Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia
La Galleria Nazionale delle Marche di Urbino
La Pinacoteca di Brera a Milano
Le Gallerie dell'Accademia di Venezia
Le Gallerie degli Uffizi di Firenze
Il Museo Archeologico di Napoli
Il Parco Archeologico di Paestum
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