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Giulia Cenci, «Dead dance», 2022 durante «Il latte dei sogni», 59ma Biennale Arte di Venezia, 2022

Photo: Andrea Rossetti. Courtesy the artist and La Biennale di Venezia. © giulia cenci

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Giulia Cenci, «Dead dance», 2022 durante «Il latte dei sogni», 59ma Biennale Arte di Venezia, 2022

Photo: Andrea Rossetti. Courtesy the artist and La Biennale di Venezia. © giulia cenci

Giulia Cenci e la vita vuota degli uomini

L’artista toscana inaugura il «Project Space» di Palazzo Strozzi con un’installazione che, ispirata ai versi di Eliot e con riferimenti a Brueghel, Bacon e Paula Rego, «riflette più sull’assenza umana che sulla sua presenza»

È Giulia Cenci a inaugurare con «The hollow men» (29 maggio-31 agosto) il Project Space di Palazzo Strozzi, a cura del direttore generale della Fondazione, Arturo Galansino, dedicato all’arte emergente, piattaforma dinamica per la sperimentazione che si affaccia sul cortile e si integra nella programmazione della Fondazione (al Piano Nobile, nel Cortile e alla Strozzina). 

L’artista (nata nel 1988 e autrice, tra l’altro, di «Dead dance», esposta alle Corderie dell’Arsenale nella Biennale di Venezia del 2022, «Il latte dei sogni»), unisce nella sua ricerca scultura, installazione e disegno, creando costruzioni metamorfiche composte di elementi e oggetti prelevati dal quotidiano, strumenti del lavoro nelle campagne (Giulia vive tra Amsterdam e Cortona, in Toscana, dove si trova il suo atelier, nella stalla di famiglia), ma anche scarti di automobili o scooter in alluminio, acciaio, bronzo, pietre, rami di alberi, ceneri vulcaniche: scenari calati in un tempo sospeso, popolati di figure scarnificate, disgregate, a brandelli. 

Giulia Cenci lavora sul concetto di confine, che non è solo quello tra paesaggio agricolo e industriale, che tristemente ormai si confonde, ma anche quello tra animale e umano, togliendo a quest’ultimo la centralità sancita da secoli e preferendo figure più ibride. Il titolo della mostra fiorentina (che segue precedenti esperienze al Museo Pecci di Prato e al Museo Novecento di Firenze), «The hollow men» (Gli uomini vuoti), tratto dalla poesia di T.S. Eliot del 1925, richiama però in causa l’umanità, ma uomini inerti, tra vita e morte, senza forza di reagire o di redimersi dopo il dramma della Prima guerra mondiale. «L’installazione, spiega Cenci, riflette più sull’assenza umana che sulla sua presenza: “The hollow men” è il titolo di una poesia che parla proprio di una comunità traumatizzata, incapace di percepire i valori che l’avevano caratterizzata, portandola a un’assenza di moto, pensiero, vita, “figure impagliate” prive di senso e ombra, che abitano una terra altrettanto insensibile. Nonostante sia uno scritto del 1925, questa insensibilità di cui parla Eliot ha molto in comune con l’umanità del nostro presente: un tempo in cui eventi e comportamenti terrificanti popolano il presente di tutti noi, sono sotto i nostri occhi costantemente, lentamente si insinuano tra le nostre libertà e vite, eppure siamo sempre più chiusi in tanti individui che sembrano costituire un esercito passivo. Anche in questo senso, l’essere umano non sarà un qualcosa di centrale rispetto al resto, anzi, ma preferisco definirlo con l’opera più che con le parole». 

Una sfida per Giulia Cenci, che spesso realizza lavori in esterno tra cui il recente progetto sull’High Line di New York («Secondary Forest», 2024), è anche la relazione con l’architettura rinascimentale, severa di Palazzo Strozzi: «Amo molto lavorare con le linee rigorose dell’umanità e mi diverte tanto capire come sovvertire questa rigidità attraverso il lavoro che spesso mi porta proprio a volerle “deturpare”, o semplicemente a ricordarmi che non siamo esseri poi così diversi da un bosco o da una radura. In questo caso specifico ho sentito molto l’idea di “piazza”, quella sensazione strutturale che porta una comunità a popolare un luogo condiviso, centrale, creato per tutti, aggiunge l’artista. Palazzo Strozzi nasce intorno a un cortile che sembra fungere proprio da piazza interna, su cui poi, come in ogni piazza italiana, si affaccia tutto il resto dell’edificio. L’installazione principale della mostra sarà strutturata proprio come una sorta di luogo comune e abitato da molti, il che però non significa che creino una comunità». Nella tensione che caratterizza la sua ricerca ad andare oltre la divisione natura/cultura e a confondere il tempo, oltre che la specie, Cenci spesso insinua alcuni riferimenti iconografici. In questo caso, precisa, «ci sono sicuramente meno riferimenti alla pittura rinascimentale italiana. Il lavoro ha qualche riferimento ad alcune immagini di Brueghel, in cui tanti individui, tutti simili, sembrano muoversi in spazi aperti e condivisi. Per alcune figure invece ho guardato moltissimo alcuni dipinti di Francis Bacon, specialmente le figure in movimento che sembrano emergere dall’oscurità. Per altre, più isolate, Paula Rego». 

Giulia Cenci, «Secondary Forest», 2024 (particolare). Photo: Nicola Gnesi. Courtesy of the artist and The High Line Art. © Giulia Cenci

Laura Lombardi, 10 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

Giulia Cenci e la vita vuota degli uomini | Laura Lombardi

Giulia Cenci e la vita vuota degli uomini | Laura Lombardi